Da tempo si rileva che nel nostro Paese, le decisioni vengono prese dopo estenuanti mediazioni ed esasperanti trattative, anche a costo di vanificare l’effetto delle scelte compiute, certamente molto più incisive se non frutto di temporeggiamenti.

E’ il caso dell’ospedale di Teramo in cui i numeri riscontrati portano a 45, la consistenza di medici, infermieri, operatori sanitari contagiati dal covid 19.

Come dire che se i contagiati nella ASL di Teramo si contano nella entità di 277, il personale in prima linea per combattere l’emergenza, rappresenta il 16,2% dei contagi del territorio di riferimento.

Eravamo partiti con l’imperativo di “proteggere chi deve proteggerci”, ma una serie incredibile di ritardi, che sembrano esserci stati anche per effetto del mancato ascolto delle lamentele di quel personale che era sprovvisto dei dispositivi necessari per tutelarsi in modo efficace ed immediato, ha determinato un indebolimento di un fronte che avrebbe dovuto essere salvaguardato “soprattutto ed a prescindere”.

La mancata azione di contrasto al propagarsi del coronavirus, ha comportato una complessa azione di “isolamento domiciliare” del personale della ASL, che richiede la sorveglianza sanitaria di un medico competente, oltre al trasferimento dei pazienti con covid 19 presso l’Ospedale di Atri: questo per consentire la sanificazione dei locali delle Unità operative interessate, come Oncologia e Medicina Interna.

Altro ritardo inconcepibile: quello del dichiarare “zona rossa” la Val Fino, dopo venti giorni di estenuanti trattative da parte dei sindaci del territorio interessato nei confronti della Regione Abruzzo, cui spettava la emanazione del decreto.
Voglio augurarmi che questi incredibili ritardi siano i cosiddetti “colpi di coda del coccodrillo morente” dove la burocrazia è il coccodrillo, che non ne vuole sapere di trasformarsi in strumento agile: basterebbe solo rendersi conto che i comportamenti malavitosi e corruttivi hanno modo proprio di inserirsi nelle pieghe dei provvedimenti da adottare, quando questi sono lenti.

Se stiamo convincendoci sempre di più che questo periodo che attraversiamo non va ricordato come “epoca dei cambiamenti” perché questo rappresenta, viceversa, “un cambiamento d’epoca” che ci induce a tirare una linea di demarcazione per separare il tempo precedente al 2020 rispetto a quello successivo a questo anno. Uno degli aspetti che connoterà maggiormente la discontinuità, tra le due epoche sarà la immediatezza nel rendere esecutivo in provvedimento in risposta ad un bisogno manifestato.

All’origine della volontà di “non decidere” e quindi di procrastinare una scelta da compiere è stata finora imperante la pavidità, cioè la paura di subire le conseguenze determinate da decisioni che implichino conseguenze che si ripercuotono sul soggetto decidente.

Questa epoca pertanto farà “tabula rasa” dei mediocri, di coloro che si trovano ad esercitare un ruolo “sbagliato” in quanto inadeguati, incapaci di essere autentici e fino in fondo responsabili di quello che compiono.

Non ci sarà spazio per coloro che mettono le mani avanti perché il “compito attribuito non compete loro”.

Sicuramente i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari nel loro prodigarsi senza risparmio e senza ritardare il loro intervento, professionalmente valido. perché supportato da una disponibilità nel darsi, hanno scritto una pagina memorabile in cui campeggia l’esortazione: “non rallentare, non ritardare, non rinviare: questi sono stili di agire che appartengono agli inetti. Di loro non sappiamo cosa farcene, perché da oggi tutto si svolgerà naturalmente in modo immediato e conseguente”.

Se davvero così dovesse essere, il coronavirus è stato un flagello non inutile: altrimenti potrebbe rivelarsi una ennesima opportunità perduta.

di Ernesto Albanello