Un tempo i partiti organizzavano al loro interno dei momenti di formazione: si chiamavano “le scuole della politica” e queste fasi di conoscenza e di approfondimento di tematiche erano anche propedeutiche a suscitare negli allievi una consapevolezza in merito a cosa li spingesse ad intraprendere una strada certamente non facile. Era il tempo in cui gli equilibri tra le forze in campo si costruivano lentamente e gradatamente, per cui chi si accingeva a “respirare” l’aria dell’amministrazione della cosa pubblica, aveva modo di stabilire il collegamento tra il proprio Io e le proprie legittime ambizioni con le azioni e gli interventi da attuare al livello locale, nazionale, internazionale, in spirito di servizio.

Tutto questo è venuto meno.

Le stesse amministrazioni locali ed i governi delle città vengono composti da persone prive di un iter che abbia assicurato loro una formazione anche minima, ma idonea a comprendere le dinamiche necessarie al funzionamento della cosa pubblica. Il conferimento di cariche come quelle assessorili senza che ci sia stato alcun retroterra formativo, induce quella persona gratificata nell’essere stata destinataria ad un simile ruolo, a ritenere di avere tutte le credenziali per svolgere tale compito. Quell’assessore, in quanto privo di una conoscenza di base pur minima per lo svolgimento di tale incarico, supplirà con una “supponenza” di essere nella pienezza della capacità, a tanta sua inadeguatezza che rimane invariata. Questo atteggiamento mentale spiana la strada all’arroganza e fa disperdere qualsiasi disposizione individuale alla padronanza di un ben diverso equipaggiamento: quello della volontà di conoscere in spirito di servizio e di sapere per migliorare .

Può la navigazione di una simile “imbarcazione” essere al riparo dai marosi e dalle burrasche? Certamente no e non saranno i rafforzamenti a riportare lo scafo verso acque sicure.

Ancora una volta occorre trarre le conseguenze da una simile analisi: non sono gli indirizzi politico-programmatici diversi, pur se importanti, a fare la differenza fra le compagini in lizza. Sono invece le intelligenze, le esperienze, le disponibilità all’ascolto, il rispetto verso chi ha più vissuto e si è posto domande in momenti passati, a fare la differenza.

Osservo con tristezza e, se mi è concesso, rabbrividisco quando constato che una amministrazione non sa come impiegare le risorse più ricche di esperienza, di una collettività. Resto attonito nel momento in cui una giunta non si guarda intorno e non sa ingegnarsi per come avvalersi delle tante competenze e capacità lasciate ai margini, che invece, se ben collegate al “corpo vivo della azione amministrativa in campo”, farebbero la differenza. Più volte rifletto su un aspetto: se la medicina ha allungato gli anni della vita di ciascuno di noi, ha ottenuto un ben modesto risultato se poi non ci sono istituzioni che “allungano di vita quegli anni”.

di Ernesto Albanello