L’emergenza seguita alla diffusione del Covid-19, poi la guerra che rischia di creare una crisi energetica e minaccia una guerra nucleare,   ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile.  Ci accorgiamo  giorno dopo  giorno quanto quanto sia importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità. Anche nei piccoli centri come Teramo tutto ciò porta con sé una nuova emergenza economica.

Dal  2022 nulla sarà come prima anche per il mondo del lavoro, che ha prima rallentato , poi è ripartito e ora rischia di vedere fermarsi la propria attività mettendo a rischio il mondo del lavoro, che è ferito e in ginocchio, in attesa del giorno in cui arriveranno i fondi del recovery plan, che tardano. Già si contano danni importanti, soprattutto per gli imprenditori  in attesa anche dei materiali  che in questi anni hanno investito per creare lavoro e si trovano ora sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro della loro azienda.

Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani: si pensi al turismo, ai trasporti e alla ristorazione,  a tutta la filiera dell’agricoltura e del settore zootecnico, alle società che organizzano spettacoli ed eventi, al comparto della cultura, alle piccole e medie imprese che devono competere a livello globale e che prima hanno subito a chiusure forzate, senza poter rispondere alla domanda di beni e servizi. Ed ora giorno dopo giorno, ora dopo ora, vedono nuovamente a rischio le proprie attività minacciate da un pazzo che appare inarrestabile e tiene il mondo sotto la spada di Damocle mettendo a  serio rischio non solo la pace, non solo un paese dilaniato ma  molti lavoratori e molte lavoratrici europei che vedono a rischio il lavoro.

È con questa preoccupazione nel cuore che ci apprestiamo a celebrare a Teramo la Festa del 1° maggio di quest’anno.

Nulla sarà come prima  in un sistema che è già problematico per sua natura, perché la crisi sanitaria prima e quella economica oggi,  gravano sensibilmente sulla qualità e sulla dignità del lavoro. Come ricorda l’unico vero leader mondiale, Papa Francesco, quando si generano  una quantità rilevante di persone “scartate”  le dimensioni del problema non sono più percepibili correttamente con le tradizionali statistiche di occupazione e disoccupazione. Perché il lavoro anche quando non manca, spesso è precario, povero, temporaneo, lontano da quei quattro attributi definiti da papa Francesco: libero, creativo, partecipativo, solidale (Evangelii Gaudium). Il problema della qualità e della dignità del lavoro si intreccia con altre dimensioni di insostenibilità tipiche dei nostri giorni. Già prima dell’emergenza del Covid- 19, lo svolgersi degli eventi è stato un continuo susseguirsi di emergenze sul fronte del lavoro e dei cambiamenti climatici.  Si tratta di emergenze correlate, al punto che in alcuni casi (come per l’ex Ilva di Taranto) prospettano l’ingiusto dilemma di dover sacrificare un problema per cercare di risolvere l’altro. In realtà, quello che l’attualità ci sta chiedendo di affrontare, senza ulteriori ritardi o esitazioni, è una transizione verso un modello capace di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali (riscaldamento globale, smaltimento dei rifiuti, inquinamento). Questi tempi che viviamo  hanno rafforzato la consapevolezza della nostra debolezza con un drammatico shock che ci ha scoperti nuovamente vulnerabili e fortemente interdipendenti ciascuno dall’altro, in un pianeta che è sempre di più comunità globale. “Nessuno deve perdere lavoro” è  lo slogan  che risuonerà oggi nelle manifestazioni previste : è fondamentale che questo appello abbia successo, evitando le conseguenze negative di breve e medio termine.  Il problema per i lavoratori più esposti non è solo quello della perdita del salario o dell’occupazione, ma anche quello delle condizioni sul luogo di lavoro.

Abbiamo bisogno di un’economia che metta al centro la persona, la dignità del lavoratore . Dobbiamo saper trasformare le reti di protezione contro la povertà – essenziali in un mondo dove creazione e distruzione di posti di lavoro sono sempre più rapidi e frequenti – in strumenti che non tolgano dignità e desiderio di contribuire con il proprio sforzo al benessere del Paese.  La sfida che abbiamo di fronte è formidabile e richiede l’impegno di tutti. C’è una missione comune da svolgere nelle diverse dimensioni del nostro vivere come cittadini che partecipano alla vita sociale e politica, come risparmiatori e consumatori consapevoli, come utilizzatori dei nuovi mezzi di comunicazione digitali. Questo chiede a tutti di dare un contributo alla costruzione di un modello sociale ed economico dove la persona sia al centro e il lavoro più degno. Così, senza rimuovere impegno e fatica, si può rendere la persona con-creatrice dell’opera del Signore . Siamo chiamati a coniugare umanità, solidarietà, lavoro e sostenibilità, economia. L’opera umana, le imprese e il sindacato sapranno cogliere la sfida di rendere il mondo una casa comune ? In mondo del lavoro saprà tornare ad essere segno di speranza in questo tempo. L’Italia tornerà ad essere realmente “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro?”.

Dipenderà da noi. Buon 1 maggio.