L’estate sta finendo. E abbiamo ancora davanti a noi la guerra, la fame di interi popoli, l’incertezza del covid, città sommerse di cocaina che scrorre a fiumi, violenze in ogni dove, truffe lasciate impunite, poveretti che non ridono se non bevono, giovani già vecchi, famiglie allo sbando. Riappaiono dal baratro chiamato Tv gli zombi, Barbara Durso, L’isola dei rifatti. Tutti noi abbiamo sotto gli occhi branchi di ragazzi fragili e insicuri. E’ netta la sensazione di traballare seduti uno zatterone che fluttua in attesa solo di affondare.

Eppure è in questo contesto che la Chiesa di Francesco si pone come argine e sembra rivivere il suo “zelo apostolico”, tutto racchiuso nelle parole del Papa: Il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo. L’amore all’uomo, la tenerezza per l’uomo”. Dalla Perdonanza al Meeting, dalla Tendopoli alle marce fino a decine di “cammini”. Qual’è la verità che colpisce e stordisce tutti in questi ultimi giorni d’estate ? Qual è la parola chiave che attanaglia più di 100mila giovani che sono passati in queste esperienze in questi giorni ? ”La Passione per l’uomo”, che il Papa pone al centro della sua riflessione, e che si trasforma in un appello ai cristiani di oggi: nel clima del “tutti contro tutti” riscoprire la via dell’ “l’attenzione d’amore” agli altri, della vicinanza, della ricerca del bene, quale condizione per essere pienamente noi stessi e portare frutti”. “L’incontro con l’altro è essenziale”.

Cos’è che colpisce e stordisce tutti a L’Aquila per la Perdonanza, a San Gabriele per il tradizionale incontro dei Passionisti come a Rimini per il Meeting di Comunione e liberazione ? L’immensa quantità di giovani. A volte sembra che la storia abbia voltato le spalle a questo sguardo di Cristo sull’uomo e Papa Francesco lo ha sottolineato più volte. “La fragilità dei tempi in cui viviamo” è anche “credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva” ed è “anche l’aspetto più penoso dell’esperienza di tanti che hanno vissuto la solitudine durante la pandemia o che hanno dovuto abbandonare tutto per sfuggire alla violenza della guerra”. Ma I giovani che sono sui “Cammini”, i giovani che donano il loro tempo a Lourdes come a Loreto, i giovani i fila per confessarsi a Collemaggio come nel Santuario di San Gabriele, i giovani in ascolto nell’afoso salone del centro congressi di Rimini ci dicono che la parabola del buon samaritano è oggi più che mai una parola-chiave, in profonda assonanza con il tema di questi incontri, perché da una parte mostra il bisogno che c’è in ogni uomo della “misericordia di Dio e della sua delicatezza”, dall’altra incarna la “passione incondizionata per ogni fratello e sorella che si incontra lungo il cammino”, che non è “solo generosità” ma è “riconoscere Cristo stesso in ogni fratello abbandonato o escluso”. Chi crede è chiamato ad avere lo stesso sguardo, la stessa passione di Cristo, che ha amato ciascuno senza nessuna esclusione: un “amore gratuito, senza misura e senza calcoli.” Ma – ci chiediamo – “tutto ciò non potrebbe apparire una pia intenzione, rispetto a quanto vediamo accadere oggi?”. Come è possibile guardare a chi ci sta accanto come un bene da rispettare, in un mondo che oggi mette “tutti contro tutti” e dove a prevalere sono “gli egoismi e gli interessi di parte”, con la pandemia e la guerra che ci hanno portato indietro rispetto al progetto di una umanità solidale? Tenendo presente che “la strada della fraternità non è disegnata sulle nuvole, ma attraversa i tanti deserti spirituali presenti nelle nostre società” e che proprio nel deserto  “si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere, Francesco indica la via: “Il nostro impegno – non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza” “ non un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona” e del desiderio di cercare il suo bene. “Recuperare questa consapevolezza è decisivo”. È l’altro dunque, l’incontro con l’altro, “la condizione per diventare pienamente noi stessi e portare frutto”

Donarsi agli altri costruisce quell’”amicizia sociale” che il Papa raccomanda nel suo messaggio: è fraternità aperta a tutti, è “abbraccio che abbatte i muri e va incontro all’altro nella consapevolezza di quanto vale ogni singola concreta persona, in qualunque situazione si trovi. Un amore all’altro per quello che è: creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, dunque dotata di una dignità intangibile, di cui nessuno può disporre o, peggio, abusare”.
È questa amicizia sociale che, come credenti, siamo invitati ad alimentare con la nostra testimonianza: ed è questa amicizia sociale che il Papa invita i  giovani a promuovere. Accorciare le distanze, abbassarsi a toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo. “Quanto bisogno hanno gli uomini e le donne del nostro tempo di incontrare persone che non impartiscano lezioni dal balcone, ma scendano in strada per condividere la fatica quotidiana del vivere, sostenute da una speranza affidabile!”. Questo è il compito storico dei cristiani: Francesco chiede di cogliere questo appello “continuando a collaborare con la Chiesa universale sulla strada dell’amicizia fra i popoli, dilatando nel mondo la passione per l’uomo”.