Quante volte ti è capitato di partire per visitare città o borghi rinomati, pubblicizzati e magnificati da tutti, e poi, una volta arrivato lì sul posto, ti accorgi che città e borghi molto più vicini non hanno nulla da invidiare a questi luoghi così blasonati?
È proprio come quando acquisti un prodotto tanto reclamizzato e poi, una volta comprato, capisci che quello che avevi prima, non era poi così male.
Stiamo parlando di percezione e la differenza viene fatta da una buona attività di City Branding, cioè la trasformazione di una città in un marchio. Sembra strano, ma in realtà non lo è.
Vuoi un assaggio di City Branding? Rispondi a queste domande…
Qual è la capitale europea più cosmopolita? Uno, due e tre… Londra.
E la città italiana sede di un’antica università, famosa per i suoi portici e i suoi tortellini? Bologna.
È stato facile indovinare! Il merito è del City Branding che ha posizionato queste due città nella nostra mente in maniera difficilmente replicabile da qualche altra città.
Oggi il mondo è così competitivo che non solo i prodotti o i servizi, ma anche le città devono sopravvivere alla concorrenza. Sono costrette a competere per aggiudicarsi turisti, visitatori, investimenti, studenti e persone che decidono di viverci. Tutti elementi cruciali per rendere una città più ricca e ammirata. Una famiglia o un gruppo di giovani amici prima di accendere la macchina o prima di comprare il biglietto aereo, riflettono diverse volte sulle varie proposte, spesso sfiziose, che l’Italia o il mondo offre. Ho parlato di mondo perché la concorrenza ora è globale e per intercettare un target di visitatori bisogna essere pronti a disputare un confronto con molte altre mete.
Il City Branding è un’attività necessaria per trasformare un posto in “un posto che non si può non visitare”. Si tratta di un lavoro complesso dove alla base ci deve essere una corposa strategia per delineare bene l’identità di un territorio. Non basta fare eventi sporadici per poter fare City Branding. Una semplice “sagra del tortellino” o “percorsi di vino locali” da soli non porteranno mai alla trasformazione di una città in un brand. Oppure pensare di strutturare una strategia di attrazione dei visitatori basandosi solo su alcune bellezze artistiche e architettoniche è troppo poco. Abbiamo parlato di percezione e la percezione non viene influenzata solo da alcune opere, magari, di autori minori. Bisogna differenziarsi dagli altri luoghi e capire che cosa rende unica una città o un territorio.
Il percorso è lungo e prevede, oltre alla presenza di professionisti, che si intendano di comunicazione, marketing, urbanistica, tradizioni locali e sociologia, anche ricerche sociali e confronti continui tra popolazione ed enti locali. Lo ha fatto Bologna e lo ha fatto Torino. I casi studio sono tanti ed è bene trarre spunto da essi per rilanciare località con un potenziale, ma non presentato al meglio. L’obiettivo principale è quello di capire cosa rende incomparabile un posto e poi usare tutti i mezzi di comunicazione necessari per informare il target di quella unicità. Si parla di target, proprio perché non si può pensare di rivolgersi a tutti. Non si può credere di allettare giovani, imprese, coppie di anziani, famiglie e così via, perché ognuno di questi target ricerca determinate attrattive ed è difficile che un luogo possa soddisfare bene le esigenze di tutti.
In Abruzzo, così come in altre regioni, sono tanti i luoghi, i borghi e le città meritevoli di essere trasformati in “unici”. Un’attività di City branding o marketing territoriale porterebbe denaro e fama a territori fin troppo penalizzati dallo spopolamento o indifferenza generale. Bisogna avere lungimiranza per capire che una simile attività non è più un’opzione, ma un passaggio necessario per mantenere in vita e valorizzare il potenziale di luoghi ricchi di storia, cultura e bellezze naturali.