L’asfaltatura dell’uomo del neolitico di Via Raneiro (simpaticamente chiamato anche “mummia”) resta un esempio di come oggi spesso le problematiche vengano affrontate e affossate. Durante il suo rinvenimento, a novembre 2019, si disse che quel reperto archeologico di 5 mila anni fa potesse riscrivere la storia di Teramo, facendolo assurgere ad icona del risveglio culturale cittadino, e che da quello scheletro in ottimo stato di conservazione potesse ripartire una svolta cultural-archeologica locale.

Ma a quanto pare l’uomo di Via Rainero continua a dare fastidio, come diversi decenni fa: i tecnici difatti evidenziarono durante il suo rinvenimento come chi a suo tempo costruì l’abitazione, su cui si erge la tomba, bypassò attentamente i resti così da non rovinarlo per poi proseguire nell’opera di gettare le fondamenta in pietra, tanto per non avere grane e proseguire.

Altrettanto ieri, buttando i nuovi asfalti del centro (che di per sé è già una contraddizione in termini) si è voluto perseguire la linea dell’andiamo avanti, impregnando al contempo di nero pece il dedalo di viuzze a pochi metri dal corso principale (facendo svanire il sogno nel cassetto dell’assessore Di Bonaventura sulla pavimentazione del centro) e abbandonando le idee di valorizzazione del reperto archeologico, con tanto di percorso.

Qualcuno dal Comune di Teramo sostiene che la posa dell’asfalto sia momentanea, ma si sa in Italia rischia sempre di diventare permanente.
Per di più sin dall’inizio la genesi dell’uomo di Via Raneiro è stata complicata: il condominio su cui sono incastrati i resti scheletrici inoltrò da subito un’azione di tutela nei confronti degli enti interessati, l’amministratrice intese pararsi da eventuali danni che si sarebbero potuti arrecare alla struttura.

Gli stessi addetti ai lavori, gli archeologi, mostrarono il loro disappunto dopo una prima ondata di entusiasmo che contagiò tutti: si trovarono a che fare con i mugugni della popolazione che tra viabilità interrotta e altro si fece più insofferente.

L’assessore alla cultura, Andrea Core, pare avere le idee chiare: “Quell’asfalto c’era ieri come ci sarà domani, non è cambiato nulla; la strada fino a poche ore fa non era praticabile; restiamo in attesa per avere risposte dalla Soprintendenza per la datazione del reperto archeologico e da lì compiremo i nostri passi per la valorizzazione dell’uomo del Neolitico”. Core assicura che al “90% il reperto verrà delocalizzato”.

 

di Maurizio Di Biagio