In data 15 luglio scorso si è tenuta a L’Aquila il Consiglio Regionale che ha approvato alcuni progetti tra cui la norma  pere l’Istituzione del Premio Regionale Federico Caffè a ricordo dell’accademico pescarese scomparso il 15 aprile 1987: scomparso di fatto perché nessuno sa che fine abbia fatto. Nato nel 1914 a Castellammare Adriatico, un comune unito a quello di Pescara nel gennaio del 1927, dopo il diploma preso presso l’Istituto Tecnico Tito Acerbo si trasferì a Roma dove si laureò con lode presso l’ateneo di Economia e Commercio della Sapienza. Questo gli permise di entrare prima al Banco di Roma e poi in Banca d’Italia con numerosi incarichi di rilevante importanza. Nel 1943, anno dell’armistizio di Cassibile, Caffè entrò nella resistenza da non combattente; scampato miracolosamente al rastrellamento di via Rasella, aderì alle istanze del riformismo cattolico di Bonomi e Fanfani e militò nel Partito democratico del Lavoro fondato da Bonomi e Ruini. Dopo aver partecipato come consulente alla commissione economica della Costituente, abbandonò per sempre la politica dedicandosi alla ricerca scientifica. Recatosi a Londra per una borsa di studio, nel 1947 Federico caffè fu colpito dalle nuove teorie macroeconomiche di John Maynard Keynes di cui divenne convinto sostenitore. Tornato in Italia le sue idee di riformismo furono avversate non solo dal pensiero conservatore ma anche dalle forze socialcomuniste impegnate perennemente in una lotta elettoralistica tesa a conquistare quel ceto medio legato invece al  potere democristiano.

L’insegnamento universitario, al quale apportò cambiamenti significativi, lo portò in vari atenei del paese, ma fu quello romano della Sapienza ad ospitarlo per ultimo. Il suo pensiero era che l’economia non era solo una questione contabile, ma ai numeri bisognava associare le istanze sociali: senza le quali il mercato, lo spread, avrebbero causato disastrose politiche antisociali, con le conseguenze negative che ne sarebbero derivate.

Il raggiungimento dei limiti di età per l’insegnamento, e il successivo pensionamento, pare gli procurassero una infelicità profonda. Così una mattina si alzò, uscì di casa, e scomparve. Non fu più ritrovato, né vivo, né morto, così che il mistero della sua scomparsa lo accompagna ancora oggi. Alcuni istituti scolastici a Roma sono intitolati all’insigne economista, ma neanche una stele, un epitaffio che lo ricordi. Per questo ho voluto dedicargli una poesia, una lapide da intitolargli in qualche parte del paese che lo ha visto nascere.

Federico Caffè.

Chi sa, quando te ne sei andato,

se sei andato via per sempre.

Se i neoliberisti t’hanno preso e ammazzato

quando hai parlato di economia,

quando hai criticato il mercato,

o sei fuggito lontano,

in un paese straniero,

a dire che l’economia va guidata

che deve servire ad occupar la gente

ad operare perché siano le nazioni a crescere

e non le banche,

a rivelare che la moneta non è il fine ultimo

ma solo un mezzo,

un servizio utile al conteggio della ricchezza,

non alla sua formazione.

O forse ti sei eclissato,

stanco di parlare.

Ma non sei andato via per sempre:

suonano le tue parole

più vere oggi che mai.

di Pasquale Felix