Lungi da me fare valutazioni di ordine politico sulla vicenda della Banca Popolare di Bari, ma alla luce di quanto sta emergendo e da quando apprendo unicamente da fonti giornalistiche, da cittadino e da correntista della stessa banca, non posso più astenermi dal manifestare il mio più profondo sdegno per come sta evolvendo questa brutta vicenda all’italiana.

Leggo che della Popolare di Bari fin dal 2013 indaga il settimanale l’Espresso, mettendo in luce le numerose malefatte di una gestione feudale a carattere familiare, oscuri collegamenti politici, conflitti di interesse, bilanci “aggiustati” e acquisizioni azzardate di istituti di credito in difficoltà, tra cui la TERCAS di Teramo, effettuata, tra l’altro, su impulso della Banca D’Italia.

Leggo che la Banca d’Italia avrebbe effettuato diverse ispezioni a carico della Popolare di Bari dal 2010 al 2019, evidenziando importanti “criticità” gestionali.  Gli ispettori avrebbero segnalato, in particolare, il caso di alcuni noti gruppi imprenditoriali locali a favore dei quali sarebbero stati accordati finanziamenti «non sempre sufficientemente vagliati» e neppure «esaustivamente rappresentati al consiglio». Insomma, denaro facile. E per importi notevoli.

Leggo che sono in corso ben sette indagini da parte della Magistratura. Sarebbero stati iscritti nel registro degli indagati Marco Jacobini, da decenni padre padrone della banca, presidente dal 1978 del suo consiglio di amministrazione e amministratore di fatto e i suoi due figli, uno vicedirettore generale dal 2011 al 2015, quindi condirettore e direttore generale di fatto, l’altro dal 2011 vicedirettore generale.

Leggo che altro iscritto nel registro degli indagati è Vincenzo De Bustis, ex Ad dell’Istituto di credito, il quale, in una intervista rilasciata mercoledì scorso al Corriere della Sera, ha denunciato che negli ultimi quattro anni sono stati erogati dalla Popolare di Bari prestiti irregolari che hanno provocato danni per circa 800 milioni di euro.

Leggo che la Banca d’Italia venerdì scorso ha disposto il commissariamento della Popolare di Bari, solo dopo aver ricevuto dalla CONSOB la segnalazione del mancato invio delle informazioni richieste alla banca sulla situazione dei conti, in conseguenza della quale la magistratura ha aperto l’ennesima inchiesta.

Leggo che l’istituto ha 69 mila soci, 15mila dei quali sono obbligazionisti. Ovvero coloro che, al momento, risultano maggiormente danneggiati a causa dell’acquisto di titoli che ormai non valgono quasi nulla. Se nel 2015, un titolo della Popolare si acquistava a 9,53 euro, pochi giorni fa era valutato 2,38 euro.

A fronte di una crisi di una tale portata, arcinota a tutti da anni, è lecito chiedersi per quale ragione la Banca d’Italia non abbia assunto a tempo debito i provvedimenti atti ad impedire il tracollo finanziario della Popolare di Bari? E’ lecito chiedersi quando e se la magistratura, che ha avviato ben sette indagini sulla gestione dell’Istituto, disporrà il sequestro penale dei beni degli amministratori responsabili del tracollo della banca, in conseguenza del quale ieri notte il Governo, per effettuarne il “salvataggio”, si è visto costretto a stanziare ben 800 milioni di Euro, ovvero di danaro pubblico?

E’ lecito chiedersi se un giorno conosceremo i nomi delle società e dei singoli soggetti beneficiari dei prestiti di favore elargiti dalla Banca e mai ripagati?

E’ lecito chiedersi se un giorno verrà istituita una Commissione di inchiesta sulle Banche promessa da anni dalla politica? E’ lecito chiedersi se si chiuderà un giorno questa era nefasta della recente storia italiana caratterizzata dal tracollo di decine di banche i cui buchi sono stati coperti dallo Stato con danaro pubblico per oltre 11 miliardi di Euro senza che nessuno dei responsabili, amministratori e vigilanti, abbia ancora pagato?

Attendo con preoccupazione gli sviluppi dell’intervento governativo a cui va comunque il merito di avere scongiurato la messa in liquidazione della Banca. Nessuno potrà al momento sentirsi al sicuro, risparmiatori, azionisti e dipendenti della Popolare di Bari, almeno fino a quando non si conoscerà qual futuro attende l’Istituto. La nazionalizzazione sarebbe, a mio parere, la peggiore delle soluzioni.

Walter Mazzitti