Domenica sera rigorosamente a casa. Solita distratta navigazione su Facebook, quando ad attirare la mia attenzione è l’annuncio di un assessore della Regione Lombardia. Visibilmente stanco, informa, di non avere più le mascherine per gli operatori del settore sanitario. Le scorte sono scarse e bastano solo per pochi giorni. Ma come? Parliamo di picchi di contagio che ancora devono arrivare e le mascherine bastano per pochi giorni? Sgomento!

L’assessore rivela che servono 300 mila mascherine al giorno ed è difficile trovare le risorse economiche per tenere un simile ritmo di consumo. Aggiunge che, oltre ai costi di acquisto, il problema è trovare produttori di mascherine. Stiamo parlando della vita di persone che assistono eroicamente ogni giorno gli italiani, mettendo a rischio la loro salute e quella dei loro familiari. Si sottopongono a turni massacranti e privazioni di ogni genere, come quella di non mangiare e non andare al bagno per tutte le 6 ore del turno, perché non possono togliersi la tuta che indossano per ripararsi dal contagio. Decido allora di fare una donazione.

E qui che inizia la mia amara constatazione di quanto la comunicazione sia importante, ancora più nei momenti di crisi. Un assaggio della sua rilevanza l’abbiamo avuto, in realtà, tutti noi italiani, quando ci hanno detto che il Corona virus è pericoloso, ma #milanononsiferma. È pericoloso questo virus, o no? Quando ci hanno detto che non esistono più le zone rosse, ma che siamo un’unica zona rossa e poi la gente si muoveva liberamente. Ma se siamo in zona rossa, mica ci si può muovere? Oppure quando ci hanno detto che ci si può muovere solo per casi eccezionali, ma i bar erano ancora aperti. Il caffè al bar è una necessità? Mah! Sembra quindi che la comunicazione pubblica in questi giorni sia stata un po’ troppo confusa.

Torniamo a noi. Vado per fare il bonifico e vedo che sulla grafica che incoraggia le donazioni non c’è indicato il nome del beneficiario. Quindi, come faccio a fare il bonifico? Decido allora di fare una ricerca per vedere se c’è una pagina web, magari del Ministero della salute, dove vengono raccolti gli IBAN di ospedali ed enti per fare le donazioni. Niente! Non sapendo cosa fare, vado a visitare direttamente i siti degli ospedali milanesi. A parte uno, nessuno riportava una sezione, un banner minuscolo, nulla che facesse riferimento alle donazioni e all’emergenza Coronavirus. Visto che un mio amico facebookiano aveva pubblicato gli estremi del bonifico fatto da lui a un ospedale milanese, alla fine ho copiato da lui Beneficiario, Causale e IBAN dell’ospedale. Ma è possibile che se uno vuole fare una donazione, non la può fare perché non trova le informazioni? In questo modo si scoraggiano tantissimi benefattori e quindi entrate, e cioè risorse, che si trasformano in possibilità alla vita di chi soffre.

Situazione simile a Teramo. Ho sentito del numero limitato di respiratori nel presidio di Teramo, non sufficienti qualora il numero di contagi fosse molto alto. Vado sul sito della Asl di Teramo per capire come fare una donazione e non c’è nulla. Mancanza di informazioni anche sul sito dedicato alla sanità della Regione Abruzzo. In questo modo se qualcuno ci vuole aiutare, ad esempio qualche parente dall’estero, come lo può fare? Non ha le informazioni. Non ce le abbiamo noi le informazioni, che ci viviamo in questa regione, lo può sapere lui? E ci perdiamo così tante opportunità.

È inutile uscire con annunci nefasti come “Situazione critica per la sanità” e poi non si consente a chi vuole dare una mano di poterlo fare. La comunicazione è necessaria. Fondamentale. Ancora e soprattutto nei momenti di crisi. Bisogna sempre essere chiari e rendere le informazioni facilmente reperibili. La comunicazione pubblica ha un dovere: informare. Se le informazioni non vengono date, non assolve al suo dovere. È chiaro che la comunicazione non può essere trascurata e confinata nei palazzi, lei no. Lei deve uscire fuori casa.