Ciò che sto per dirvi non ha la pretesa di essere una formula magica, ma è modestamente dettato dal buon senso, dall’osservazione diretta e dai miei studi: per essere un buon politico non basta solo riempirsi la bocca di titoli e cariche, bisogna anche prepararsi, informarsi, ascoltare la gente, avere idee e soluzioni, metterle in pratica, avere voglia di fare e, infine, comunicare sempre in modo efficace. Ovviamente l’elenco sarebbe molto più lungo, ma per ora mi fermo qui. C’è da dire che non è un compito semplice, richiede tanto impegno e volontà. Insomma, diventa un vero e proprio lavoro, ma del resto i politici prendono anche un compenso, pagato da noi, per svolgere tali compiti.

Decisivo nello svolgimento di questo impegno è la preparazione. Non mi riferisco per forza al titolo di studio, ma all’importanza di documentarsi sulle situazioni. Quando si interviene su un argomento bisogna conoscerlo a fondo. Sapere come stanno le cose. Ancora di più se l’argomento riguarda da vicino il tuo ruolo pubblico.

Lo spunto di quanto sto scrivendo arriva da un evento che ho vissuto in prima persona e più precisamente l’inaugurazione di una mostra. Bellissima e lodevole iniziativa. Quando in una città si fanno mostre e ci si apre alla cultura si sente l’odore di crescita, di dinamismo, di speranza per il futuro. L’arte è il cibo dell’anima o come diceva più raffinatamente Pablo Picasso: “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”. E così, alla mostra in questione, davanti alla presenza solenne dell’artista circondato dalle sue opere, sono intervenuti tre politici. Ognuno, con il microfono ben piantato tra le mani, ha tenuto un discorso ripetendo lo stesso copione degli altri: prima i saluti propri e poi il tanto noioso “Porto i saluti di…”, ovviamente di qualcun altro non presente e, poi i ringraziamenti all’artista o a qualcun altro per aver reso possibile la manifestazione. Nessuno che si è espresso sull’autore dei quadri, sul perché si è voluto fare una mostra con le sue opere, o sul perché le sue opere danno lustro alla città. Niente di tutto ciò. Il meglio lo si è avuto con l’assessore di riferimento, il quale ha detto che non si sarebbe espresso a riguardo perché non conosce l’arte.

A portare ossigeno ad interventi asfissianti è stato il discorso di un quarto politico, che con umanità e impronta personale ha descritto l’artista, la sua storia, la sua persona. Ha tracciato un profilo umano del pittore. Lo ha reso simpatico con delle sfumature caratteriali. Ha infine parlato del perché ama la sua arte e cosa ci vede in essa. Ed è proprio questo quello che deve fare un politico: prepararsi e informarsi. Con questo intervento il politico è riuscito ad arrivare ai presenti. Con parole semplici e umili ha avvicinato l’arte alla gente. Ha accorciato le distanze tra mondi diversi, proponendosi da tramite.
Poi è intervenuto anche il critico d’arte. Ha parlato di azzurri, intenti, percorsi artistici. Ma queste erano altre parole, parole più superbe e non alla portata di tutti. La politica, invece, ha il dovere di rivolgersi sia al bambino, che al professore universitario, e solo se ci si prepara e si comunica correttamente si riescono ad accorciare le distanze tra la gente e mondi non sempre vicini, come può essere appunto l’arte.