Vi ricordate questo termine che un decennio fa furoreggiava? Era sulla bocca di coloro che “avevano” il timone del vascello tra le mani e, rispetto a coloro che si sgolavano a far presente che c’erano tanti aspetti, nient’affatto dettagli, che venivano trascurati, rispondevano che : “c’era ben altro!”

Quasi ad intendere che nello scenario della politica e della amministrazione delle risorse, andasse sempre e comunque privilegiato “un determinato pacchetto di interventi o di visioni della società prossima ventura” mentre fosse da trascurare o quanto meno da tralasciare un’altra serie di aspetti a torto considerati secondari.

Il benaltrismo serviva quindi per zittire coloro che invocavano una attenzione verso elementi e fenomeni della società e della natura che stavano andando in disfacimento o in enorme degrado.

Tanto che ci è voluta la determinazione di Greta Thunberg perché il mondo intero si rendesse conto che la de-glaciazione avanzava a passi da gigante e che gli sconvolgimenti climatici non sarebbero stati ad aspettare i lunghi e spesso inconcludenti convegni sul clima che poi di fatto lasciavano inalterati gli equilibri e gli spazi  dei detentori delle fonti energetiche inquinanti.

Cosa vogliamo sostenere a questo proposito? Che, al pari dell’urlo emesso dal bambino che faceva notare ad un corteo imbambolato ed obbediente che “il re era nudo” e non vestito di un sontuoso abito finemente ricamato, c’è voluta una minorenne per “svegliare” menti intorpidite o ambientalisti evidentemente poco incisivi per cercare di salvare il salvabile.

Assistiamo anche in questi giorni alla reazione stizzita nei confronti degli “ambientalisti radical chic” da parte del ministro Roberto Cingolani che vuole riaprire le centrali nucleari perché sarebbero enormemente più sicure di quelle del passato.

Cosa significa? Che sì, ci sarà pure il problema della deforestazione, degli uragani, degli incendi e dell’acqua alta, ci sarà pure una moria di insetti e una riduzione di api che non trovano più fiori da cui attingere il nettare, ma sono tutte “cosucce” di poco conto: c’è BENALTRO di cui dobbiamo occuparci e verso cui concentrare le nostre forze! Altrimenti ce lo sogniamo lo sviluppo ed il recupero della economia perché riprenda a marciare con il ritmo pre-covid.

Vogliamo parlare della scuola?

Anche lì tutta l’attenzione oggi è concentrata sul greenpass e sulla vaccinazione effettuata, come se gli altri aspetti macroscopici che sono la conseguenza della catastrofica Didattica a Distanza e di un esodo di studenti che hanno abbandonato gli studi e che si sono disaffezionati alla scuola in un numero pari a duecentomila unità, rappresentasse, anche qui una “cosuccia” da niente.

Ovviamente vengono completamente trascurate le profonde ferite emotive che sono incise nella “carne viva” degli studenti e delle studentesse, derivanti da una scuola priva di coinvolgimenti emozionali e di socialità, di empatia e di motivazioni, di curiosità e di passione partecipativa, al punto che il 13 settembre si riprende una presenza in classe, SENZA che sia stata spesa una goccia d’inchiostro per menzionare gli stati di disagio determinatisi dal non essere usciti di casa e, dunque, la compenetrazione istituzionale che avrebbe dovuto esserci, anche per riguardo ai tanti disturbi che una scuola così anomala ha determinato (anoressie, claustrofilia, depressioni e spinte suicidarie).

Ci troviamo in una assurda fase della storia scolastica in cui c’è un conosciuto psicoanalista come il Prof. Galimberti che di continuo invita a riflettere sulla opportunità che l’insegnante sia empatico e carismatico perché altrimenti sarebbe bene che non occupasse una cattedra, mentre il rientro a scuola sta presentandosi come una quintessenza di formale rioccupazione dei banchi ben distanziati e l’atmosfera che si respira non lascia supporre quel clima di ritrovata socialità e di passione educativa che costituiscono una linfa vitale per bambini ed adolescenti.

Anche qui, evidentemente, impera il benaltrismo e dunque i ragazzi se ne facciano una ragione!

Vogliamo parlare del lavoro e della politica a sostegno dell’impresa?

Noi abbiamo perso tanto tempo a non investire nei lavori durevoli, in quelli in cui le persone si riconoscono e trovano soddisfazione sia economica che per il miglioramento esperienziale che deriva dal talento messo in atto. Al contrario ci siamo “buttati a capofitto” nelle grandi operazioni manifatturiere, a base di aziende con un numero minimo di addetti da cinquecento unità in sù.

Siamo andati incontro alle delocalizzazioni, inseguendo gli imprenditori che trovavano vantaggioso spostare, ad esempio, in Romania i propri insediamenti industriali in quanto la manodopera era a basso costo. Vi ricordate Timsoara? Era una città che ospitava qualcosa come novemila  aziende italiane che avevano trovato vantaggioso collocarsi lì.

L’Italia, terra per eccellenza dell’artigianato di qualità, si è trovata all’improvviso sguarnita di persone adeguatamente indirizzate, fin dalle scuole superiori, verso una competenza durevole che avrebbe fornito le famose risposte che il mondo aspettava, perché affascinato dal “made in Italy”.

I detrattori della bellezza e tifosi del fatturato “non importa come”, hanno dileggiato una simile visione del lavoro, troppo romantica e scarsamente redditizia, portata avanti da coloro che “non hanno i piedi per terra”.

Anche lì è andato alla grande il benaltrismo ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: con una disaffezione ad una attività fatta “a catena di montaggio” ed una incidentalità nei luoghi di lavoro con numeri elevatissimi anche per effetto di una occupazione intrapresa più per una remunerazione creduta come “certa e garantita” che per una gratificazione derivante per quello che si svolge: a prendere lo spazio mentale maggiore sarebbe stato l’automatismo e quindi la scarsa consonanza tra il lavoratore ed il prodotto lavorato.

Anche lì: parrebbe di sentirlo….”la soddisfazione per il lavoro  compiuto? Perché? E’ “qualcosa che si mangia”? saranno poi gli hobbies a rimetterti su il morale, non il lavoro, che si sa, deve essere “sofferenza”. Perché non l’ha detto anche il Padre Eterno: lavorerai con il sudore sulla tua fronte? C’è ben altro per sentirci soddisfatti !

Come possiamo constatare, il benaltrismo continua a marciare incurante dei gravi danni che ha compiuto.

Vogliamo mobilitarci per fermarlo prima che sia troppo tardi ?

di Ernesto Albanello