TERAMO – La violenza contro le donne non conosce confini geografici, distinzioni di classe o di età. E’ un fenomeno sommerso che spesso si consuma tra le mura domestiche e ne veniamo a conoscenza solo quando sfocia nel femminicidio. Molte donne non denunciano perché temono di non essere credute. Nel nostro Paese ogni 72 ore viene uccisa una donna (dati EURES), dentro le mura domestiche, sul posto di lavoro, per strada. Le biografie raccontano di madri, figlie, sorelle, amiche, conoscenti, uccise da persone di cui si fidavano: mariti, compagni, conoscenti. Le cronache ogni giorno raccontano di stupri, stalking, femminicidi, anche nel nostro Abruzzo, anche nel territorio della nostra provincia.

La convenzione redatta a Istanbul dal Consiglio d’Europa nel 2011 e ratificata dal Parlamento italiano con d.l. 93/2013, riconosce che la violenza sulle donne, in tutte le sue forme, è una violazione dei diritti umani fondamentali ed è il problema strutturale di una società nella quale non ci sono ancora relazioni paritarie tra i generi. Per contrastare la violenza sulle donne è fondamentale superare le discriminazioni, gli stereotipi culturali sui ruoli e sulle attitudini basati sull’appartenenza di genere attraverso un capillare lavoro di prevenzione che coinvolga tutti gli ambiti della società, dal mondo del lavoro a quello della scuola, iniziando dall’infanzia. La costruzione dei ruoli sociali affonda le proprie radici nell’immaginario, nel linguaggio, nei poteri decisionali della millenaria cultura patriarcale che nei secoli ha generato la gerarchia del maschile dominante e del femminile subalterno, confinato nel privato domestico. La divisione sessuale dei ruoli ha plasmato e continua a plasmare nell’ inferiorità la vita delle donne, che devono “accogliere”, e nel virilismo la vita degli uomini, che devono “proteggere”, confondendo il possesso con l’amore nella diffusa incapacità maschile ad accettare le separazioni, ancora oggi. La mancanza di parità e reciprocità è alla base dei comportamenti violenti nella relazione di coppia e tra i sessi.

Nel nostro Paese, dagli anni 70 del secolo scorso, le donne hanno conquistato un progressivo e radicale cambiamento nei rapporti tra uomo donna, un cambiamento che ha prodotto autonomia, libertà, diritti, opportunità, soggettività per le donne. Un cambiamento che sui media e nel dibattito pubblico è stato rappresentato come una minaccia e non come una occasione positiva di riflessione per gli uomini alimentando il conflitto tra i due sessi.

Oggi molti uomini lavorano su sé stessi per cambiare il proprio modo di essere padri, per costruire relazioni nuove di reciprocità e rispetto nella coppia, per liberarsi dalle gabbie dello stereotipo della virilità che finora li ha mutilati degli aspetti essenziali dell’umano. E’ una via nuova che propone un nuovo modello di convivenza e di confronto tra maschile e femminile, una via per porre la sessualità come questione politica, una via per aprire una riflessione critica nello spazio pubblico per il cambiamento delle relazioni tra i sessi e per il superamento dei ruoli sessuali e dei modelli attribuiti a donne e uomini.

Senza questo approccio culturale la battaglia contro la violenza sulle donne rientrerebbe nei ranghi della categoria dell’emergenza e dell’ordine pubblico.

Per prevenire la violenza, per favorire l’emersione del fenomeno, la Convenzione di Istanbul ci indica una strada, che è quella del coinvolgimento, dell’ascolto e della trasversalità dei soggetti istituzionali e sociali, della valorizzazione delle politiche migliori. Tutto questo è ancora da costruire nel nostro territorio provinciale e nella nostra città caratterizzati dalla frammentarietà delle politiche. Il convegno che la Asl di Teramo ha organizzato per il prossimo 26 giugno “Violenza sulle donne: diamo voce al silenzio” avrebbe avuto bisogno di momenti di preparazione, tavoli di ascolto e di confronto delle Cpo coinvolte, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di donne, degli enti locali, delle forze dell’ordine, a partire dai centri antiviolenza, dalle case rifugio, dai presidi sociosanitari, per costruire strategie concrete di prevenzione e politiche integrate con un linguaggio comune, per stabilire come si valorizza e si estende il lavoro di rete sul territorio, il percorso di presa in carico delle donne, quali sono i principali attori responsabili. Non ci sembra che tutto questo potrà essere affrontato nel convegno. Il programma prevede gli interventi di trentuno relatrici e relatori, tra i/le quali eccellenze di rilievo nazionale e internazionale, che in sole cinque ore potranno appena lambire gli argomenti preordinati: “Il linguaggio dei media (comunicazione fuorviante dell’immagine femminile); dallo stalking…alla tutela delle donne vittime di violenza; testimonianza; politiche integrate e istituzioni; Codice Rosa: lo stato dell’arte; Strategie di prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Dibattito”.

Poiché non avremo voce al convegno in quanto non siamo state invitate e il programma non prevede interventi del pubblico, con questo comunicato stampa ci permettiamo di esprimere il nostro punto di vista e di rilevare una ingiustificabile discriminazione nei confronti delle associazioni di donne che negli anni hanno profuso il loro impegno volontario e gratuito per conoscere, riconoscere e prevenire la violenza sulle donne in collaborazione con gli enti e le istituzioni – Provincia, Università e Comune. Ricordiamo i seminari di approfondimento su: “stereotipi sessisti e violenza di genere”, “amore e violenza: alle radici della cultura patriarcale” con l’apporto di figure storiche del Parlamento italiano ed europeo che hanno segnato la storia della conquista dei diritti delle donne nel nostro Paese; con il contributo di studiose e studiosi, esperte/i e teoriche del femminismo italiano di indiscussa eccellenza. Ricordiamo anche gli eventi di sensibilizzazione con l’apporto di artiste, registe/i, scrittrici e scrittori di rilievo nazionale e internazionale coinvolgendo studentesse, studenti e docenti; incontri pubblici con le nuove generazioni sull’educazione al rispetto reciproco tra ragazzi e ragazze, sull’uso del corpo femminile nei media, ecc… Chiediamo che il ruolo di queste associazioni venga considerato strumento cruciale, per questo proponiamo alla Asl di istituire a breve un tavolo per costruire insieme strategie concrete di prevenzione e contrasto alla violenza maschile sulle donne.

Guendalina Di Sabatino, presidente centro di cultura delle donne “H. Arendt”