TERAMO – Tanto di cappello a noi tutti”. Così esordisce Guido (nome di fantasia), l’infermiere che in questi giorni è sotto stress, in “guerra” contro il virus, come del resto tutti i suoi colleghi, di stanza al reparto infettivi del Mazzini di Teramo. Gli applausi dai balconi lo gratificano ma lo toccano fino ad un certo punto: “Sì, fanno piacere ma noi eravamo già in prima linea davanti a meningiti gravi e tubercolosi, che non sono patologie da paragonare al Covis-19, però…”.

Guido ha terminato la notte dopo dieci ore di lavoro intensi ma da un po’ di tempo non torna a casa dai suoi cari, si è messo volontariamente in isolamento in una casa di montagna che sta finendo di restaurare, appunto per timore di contagio, anche se le precauzioni sono tante: “Mia figlia mi chiama al cellulare due-tre volte al giorno per sapere come sto, e questa soluzione l’ho ideata anche per lei”.

E a proposito di precauzioni, la Asl dividerà a breve i pazienti positivi che verranno collocati nell’attuale reparto di infettivi, dai casi sospetti che si posizioneranno nel reparto dell’hospice che ha traslocato assieme a psichiatria. Cosicché il caso sospetto del 50enne di San Nicolò è stato dirottato ad Atri, prossimo Covid hospital. “L’organizzazione è al top, i medici ci informano in diretta sulle positività dei tamponi e agiamo come un corpo solo, c’è molta condivisione in tutto, siamo molto uniti, ora ancora di più. Non ci sono più le quelle serate in pizzeria tutti insieme, medici ed infermieri, ma, sono certo, presto le riprenderemo”. C’è molta unione di intenti che la stessa idea di fare i tamponi a domicilio è partita da un infermiere, idea raccolta subito dal primario Pierlugii Tarquini:” “V’è piena sinergia in tutto”.

Chiaramente ora tutto è sovvertito, anche le pause: “E’ saltato tutto, ora ci regoliamo in base al lavoro, se abbiamo tempo le facciamo altrimenti no”. Quindi non si è più con l’orologio in mano, se si devono fare venti minuti in più non vi sono problemi”. Col virus le procedure sono cambiate radicalmente: la vestizione e svestizione dei Dpi (dispositivi di protezione) comportano complessivamente una trentina-quarantina di minuti ed è molto delicata: se non la si effettua al meglio c’è il pericolo di infettarsi. “Quando entriamo nelle stanze indossiamo 4-5 paia di guanti, due tute di carta sotto quella blu e poi infine quella bianca, poi scafandro, occhiali, mascherine, e diversi calzari: abbiamo una pre camera dove prepararci ma tutto è organizzato nei minimi particolari”.

Di quando in quando si entra con il Dpi nelle stanze dove sono ricoverati i più critici per controllarli. Fino a domenica notte scorsa, c’era un caso solo che preoccupava, un anziano di 70 anni che è intubato. In quella fascia oraria erano sul campo tre infermieri ed un Oss (“sufficienti per il carico di lavoro”), e la mattina erano arrivati già tre infermieri ad ingrossare le fila che vedono 20 effettivi: “Abbiamo la fortuna di avere ragazzi bravissimi, lo stesso primario più volte li ha elogiati in pubblico.

Le camere sono tutte piene e gli ospiti sono 10, sei sono positivi. “Con l’aiuto dell’Izs si potranno ora avere più risposte tempestive sul risultato dei tamponi perchè il centro di Pescara è intasato”, cosa che ha fatto dichiarare al primario che si stanno ricevendo risposte col “contagocce”.

Infine Guido non si sente affatto “un eroe” ma al lavoro, dice, ci va volentieri, da sempre: “La vita paradossalmente non mi è cambiata, non mi manca nemmeno l’espresso e soprattutto non ho paura. Ora l’unica cosa che mi manca è il sonno”.

di Maurizio Di Biagio