Il Kangchenjunga, con i suoi 8586 metri, è la terza montagna più alta della Terra. Da sempre considerata una montagna sacra, è il più orientale degli Ottomila e, fino a quando, nel 1849, rilevamenti britannici hanno appurato che Everest e K2 sono più elevati, è stata ritenuta la vetta più alta del Pianeta.

Il massiccio, che si trova nell’estremo Est del Nepal, al confine con lo stato indiano del Sikkin e con il Tibet, è composto da cinque cime, di cui ben quattro superano gli 8000 metri, collegate da una cresta sommitale lunga circa un chilometro e mezzo. Il suo nome in tibetano significa infatti “cinque forzieri della grande neve”. I primi tentativi di raggiungerne la vetta sono dell’inizio del ‘900, ma solo nel 1955 una spedizione inglese riuscì nell’impresa, anche se gli alpinisti non violarono gli ultimi metri per rispetto degli Dei.

La prima ascensione italiana è invece quella guidata da Franco Garda nel 1982. E, a proposito di italiani, va ricordato il ruolo di Vittorio Sella. Nel 1899, l’alpinista piemontese, al seguito dell’esploratore britannico Douglas Freshfield, ha documentato con bellissime fotografie tutta l’area, facendola di fatto conoscere per la prima volta in Occidente.

Come sugli altri 8000, anche lungo le enormi pareti innevate del Kangchenjunga si sono registrati tragici incidenti durante i tentativi di vetta. Tra gli altri, sono spariti su questa montagna i due forti alpinisti Benoit Chamoux e Wanda Rutkiewicz.

Va comunque detto che l’isolamento e il lungo avvicinamento richiesto per arrivare ai Campi Base, ha contribuito a mantenere intorno a questa montagna un alone di mistero e una sorta di timore reverenziale. Il trekking per raggiungere il Campo Base Nord del Kangchenjunga è fra i più belli e i meno frequentati del Nepal. Vegetazione presente nelle parti più basse, dove il sentiero attraversa rigogliose foreste di rododendri e di pini e boschi di querce e di bambù.

Numerosi anche i villaggi, i cui abitanti vivono ancora seguendo gli antichi usi e costumi.

In particolare, questa è la patria del popolo Limbu, un’etnia che parla una lingua del ceppo tibetano e ha una religione basata su un misto di credenze buddhiste, hinduiste e animiste.

Lungo il trekking, in vallate che paiono senza fine e su creste vertiginose, si attraverseranno su ponti sospesi numerosi fiumi e torrenti, si supereranno passi, si costeggeranno ghiacciai, si ammireranno impetuose cascate. Per un dislivello di 1900 mt e una percorrenza di otre 300 km

I panorami di cui si gode sono davvero mozzafiato persino per gli standard himalayani.

Spettacolari poi le vedute sul Monte Jannu, l’imponente e sacra montagna di 7710 metri, che svetta a occidente del Kangchenjunga.

KanchenjungaExploration & Physiology 2019 – Copia