Era tutto perfetto: un po’ di sole, dei nonni, gli zaini. Era tutto bello sotto di lui. Nella prima domenica di tempo bello al Nord, e finalmente liberi dal lockdown.  Un sibilo. Un istante. Un urlo. Un tonfo . Il silenzio. E la insostenibile leggerezza delle nostre certezze che torna a interrogarci: non siamo padroni nemmeno di un giorno.

Ora il piccolo ci interroga. Che dire ? Sulle labbra di tutti risuona, in queste ore, la domanda: “Perché?”. Una domanda che può farsi cinica o umile. La verità, per quanto male possa farci, è siamo più fragili e vulnerabili di quanto possiamo credere. Quanto poco ci vuole per mettere a tacere per sempre sentimenti, relazioni, sogni, progetti e la vita stessa.

Il piccolo ci interroga. Con gli occhi spauriti, il cuore immerso nell’angoscia, impietrito dalla realtà, attende di essere rassicurato. In un attimo il divertimento previsto si è trasformato in incubo, il sole lucente si è fatto più nero della notte. Che gli risponderemo quando ci chiederà dove stanno la mamma, il papà ? Quali pietose bugie saremo in grado di inventare per tentare di dargli un seppur minimo sollievo?

Il piccolo ci interroga. Che dire ? La morte è un mistero immenso, sempre; quando poi, a tradimento, ti ruba tutta la famiglia, si fa fatica a portarle rispetto. Maledire il destino infame, però, non ci aiuta; riflettere, invece, con coraggio, sul senso della vita, del dolore, della morte, potrebbe regalarci un po’ di luce. Si va come a tentoni. S’interroga la fede per vedere se ha qualcosa da dirci

Il piccolo ci interroga. Che dire ? Per non limitarsi ad alzare bandiera bianca, arrendersi, rassegnarsi al “carpe diem”. Lui non saprebbe che farsene delle nostre parole vuote. I suoi occhi pongono domande serie e pretendono risposte altrettante serie. Lui si affida a noi, alle nostre esperienze, alla nostra ricerca, alla nostra fede. Ci chiede se è vero che al di là di tutto ciò che passa c’è un appiglio sicuro, un Padre che lo ama alla follia. Se un giorno potrà rivedere quei volti che porta stampati dentro.

Al piccolo bambino sopravvissuto come spiegare che è altissimo, il numero delle automobili circolanti senza assicurazione, degli appalti pubblici truccati, degli artigiani che non rilasciano la ricevuta fiscale, dei Bed & Breakfast non registrati e illegali, delle contravvenzioni non pagate, di coloro che evadono la tassa sui rifiuti e viaggiano sui mezzi pubblici a sbafo, di coloro che assumono in nero e non pagano i contributi, che ricevono pensioni per invalidità inesistenti, di coloro che se si tratta di pagare il ticket sanitario o di iscriversi all’università risultano nullatenenti, che violano le norme sulla tutela del paesaggio. Mi fermo qui per non annoiare chi legge, che comunque ognuna di queste cose le sa benissimo da sé.

Al piccolo bambino sopravvissuto come spiegare che, complice anche la carenza delle risorse pubbliche, la politica, lo Stato e il controllo sul rispetto sulle regole hanno compiuto una progressiva ritirata. Una ritirata che paradossalmente ha il suo aspetto più evidente nella condizione della giustizia italiana. Amministrata da sette organizzate con una giustizia che non riesce a mandare e far restare in prigione che i poveracci, una giustizia che lascia alla lunga praticamente sempre impuniti chi ha commesso i reati che commettono i ricchi e i potenti. Vorrei sbagliarmi, ma se sedessi ai vertici  dei responsabili  credo proprio che continuerei a dormire sonni tranquilli.

Come si fa seria la vita quando il dolore, senza chiederti il permesso, sfonda la porta e s’ insedia sul trono della tua esistenza. Come sbiadiscono, fino a scomparire, le pretese delle mille cose inutili che da mattina a sera ci assediano. Non bisogna smetterla d’ imparare a vivere. Sentirci partecipe di una sola, grande, famiglia che non smette di irradiare luce, calore, solidarietà, affetto, è il meglio che possiamo fare oggi.

Preghiamo per Eitan, figlio di tutti, perché la tragedia che si è abbattuta su di lui non lo stritoli. Incoraggiamolo ad alzare lo sguardo verso il cielo per intravedere tra le stelle i volti belli della sua mamma, del suo papà. Poi abbassiamo il capo e facciamo silenzio.