“E’ tempo della vergogna” dice ieri Papa Francesco in Piazza San Pietro.

“E’ tempo della vergogna”: in una foto il cadavere di un uomo galleggia. Morto. Indossa una giacca a vento, il cappuccio nero gli nasconde il volto. Non è annegato subito: forse ha retto a lungo, nell’attesa di un salvataggio che non è arrivato. L’uomo è morto di ipotermia, cioè di freddo, insieme ad altri 130 migranti e tanti bambini. Guardiamolo bene. È giovane, come lo sono tutti quelli che riescono a superare estenuanti odissee dall’Africa subsahariana, e poi fuggono dalla Libia. E’ giovane. Sotto alla giacca a vento chissà quante maglie aveva: fanno così, i migranti, contro il freddo, s’infilano addosso tutto il poco che hanno. Ben coperto, l’uomo confidava di farcela. Come i suoi compagni certo sapeva a memoria il cellulare della madre o del padre, per chiamare, appena toccato terra. Vent’anni aveva, forse? L’età in cui i nostri figli hanno solo voglia dello spritz e ci sembrano ancora ragazzini, cui perdonare ogni cosa.

“E’ tempo della vergogna” : l’Alarm Phone, il centralino civile che raccoglie gli Sos in mare suona, lancia l’allarme . La batteria del satellitare si esaurisce. È calata la notte. In oltre 24 ore né Frontex, né libici, né Guardia costiera, nè un mezzo militare italiano si muovono. Li hanno lasciati morire.

“E’ tempo della vergogna” : chissà che tumulto nel cuore di quegli uomini, e donne, e bambini. È calata la notte. Quando la Ocean Viking e tre mercantili civili arrivano sul posto trovano un gommone sfasciato, e 130 annegati. Quel poveretto ferocemente attaccato, nel rigore della morte, a un salvagente, è quanto ci è dato di vedere di questa terribile notte.

“E’ tempo della vergogna” :provo  a immaginare i suoi occhi, su quel gommone sollevato come un fuscello. Nella notte fonda. Mentre i nostri giovani litigano per il diritto allo spritz, il lockdown,  i colori delle zone per andare al mare, quanto nero era quel mare e quanto nera doveva essere la notte, negli occhi di quel giovane in mare. forsennatamente attaccato a un salvagente, tanto che nessuna onda è riuscito a strapparglielo.

“E’ tempo della vergogna” . Che disperata voglia di vivere doveva avere, e che forza nelle braccia – la forza dei vent’anni. Guardiamo i nostri figli, questa sera. Davvero non gli somigliano per niente? E questa Europa, invece, a cosa somiglia? A un’enclave chiusa da alte mura. Dentro, stiamo morendo di paura più ancora che di Covid. E, ossessionati, non alziamo lo sguardo. A un disperato Sos non risponde nessuno. È l’immagine di una strage delle anime.

“E’ tempo della vergogna” :il corpo senza vita di un uomo ricorda altre stragi del passato. E’ solo il corpo di un migrante, uno dei 130 che naviga in un mare di cadaveri affondati nel cimitero blu del Mediterraneo per omissione di soccorso.

“E’ tempo della vergogna” : chissà se il premier Draghi sarà ancora soddisfatto del suo accordo con la Libia dopo questa  strage di esseri umani ? Soddisfatto del cinismo Europeo, di chi  si erge a giudice di chi vìola i diritti umani, ma davanti alla cancellazione di quei diritti si gira dall’altra parte

“E’ tempo della vergogna” : c’è una sola emozione altrettanto insopportabile di quella restituita dalle immagini dei corpi senza vita, in balia delle onde, vittime dell’ennesima strage di migranti nel basso Mediterraneo. Ed è il senso di vergogna, impotenza, rabbia per il cinismo e la cattiva coscienza di un Paese — il nostro — e di un continente — l’Europa — che ha da tempo inscritto quei cadaveri a “danno collaterale”. Rinunciando , per  ignavia, anche solo a immaginare una politica dei flussi migratori, in grado di tenere insieme, con equilibrio e umanità, le ragioni della sicurezza dei confini e della lotta al traffico di esseri umani con i diritti fondamentali. Primo fra tutti, quello incomprimibile e antico quanto la nostra specie, che è lo strappare un nostro simile alla morte lenta e terribile per annegamento.

“E’ tempo della vergogna” : non ci si può rassegnare all’idea che anche oggi, come dopo ogni fotogramma di questa silenziosa e immane ecatombe, ci accontenteremo di genufletterci, di giurare invano “mai più”, per poi tornare ordinatamente nella prigione delle nostre convenienze. O della nostra indifferenza. O allo spettacolo osceno della politica che conta i voti sui morti.

“E’ tempo della vergogna” : è evidente che, come nella favola di Esopo, non si possa chiedere allo scorpione di astenersi dal pungere, avvelenando, la rana. Tuttavia, si può chiedere alla rana, di fronte a questa strage, di uscire dalla sua ambiguità complice di questa strage, colpevole di questi morti.