Ne sono 22 di dipendenti ma ne servirebbero oltre 100 in attesa del ciclone reddito di cittadinanza. Nei quattro centri per l’impiego, quello di Teramo ancora senza sede ufficiale (attualmente alloggiano presso la Provincia ma sperano nel Comune e che gli assegnino l’ex palazzo della sanità), i 20 mila contatti attuali potranno aumentare con la manovra gialloverde di sostegno al reddito e delle nuove occasioni di lavoro cui non si potrà sfuggire: al terzo rifiuto salta tutto. Ma poi da noi c’è tutto questo lavoro da offrire? “No – replica secca la dirigente provinciale Renata Durante -; penso infatti che una delle criticità sia appunto la presentazione delle tre offerte di lavoro, non so cosa potremmo fare, mi auguro che vengano finanziati i corsi di formazione per riqualificare persone fuori dal mercato: nel matching c’è lo squilibrio delle domande rispetto all’offerta”. E mancano soprattutto figure professionali specifiche, in buona sostanza chi ha una competenza in genere alla fine si ricolloca.

“Da noi, nel Cpi, il reddito di cittadinanza assorbirà il 20-30% delle attività, non di più, dal momento che già svolgiamo, tra accoglienza,
rilascio Did, profilazione, orientamento specialistico, accompagnamento al lavoro, informazioni sugli incentivi all’occupazione, una mole immanedi lavoro, oltre quella verso le imprese e il collocamento mirato”.

Il problema è negli spazi (“qui ci sono grosse carenze”), che dovranno raccogliere anche i sei-sette navigator, come prevede Giuseppe Mattei,”facendo un conto della serva”.

E chiaramente nell’aggiunta vitale di altri dipendenti “per provvedere almeno ai livelli essenziali di prestazioni, come da mappatura Anpal,
che non prevedeva il reddito di cittadinanza” riprende Durante, “manca una sede che da legge (56/87) dovrebbe essere fornita dai comuni come accade in altre parti, tanto che è in piedi un contenzioso per i canoni pagati dal Cpi di Teramo in questi anni”.  Si sta trattando dunque per l’ex palazzo della sanità che ha spazi adeguati a tutta la movimentazione.

Ora il Cpi è passato sotto le ali protettrici della Regione che serba la delega: meglio perché in questa maniera si sono riuniti ed
uniformati i vari regolamenti ed anche i servizi, evitando discrepanze tra i centri del Nord e Sud, garantendo a tutti le stesse chances.

Le figure lavorative che mancano in provincia di Teramo sono quelle dei panificatori, tornitori, saldatori, manutentori, ma anche quelle di
sarti di qualità e cucitori a macchina. “Questo perché non li forma nessuno” prosegue Durante. “I corsi costano tantissimo per via dei
macchinari da acquistare, ma si sta ovviando a ciò”. Fa specie sapere che i Cpi non evadono domande di lavoro per manager e per altre figureprofessionali di alto profilo. “Comunque in generale si potrebbe lavorare in sinergia con le Apl, le agenzie private di lavoro, come nei corsi di formazione professionale, possiamo essere complementari”.

Nelle indicazioni di Anpal sul numero dei dipendenti ci si basa sugli iscritti “ma molti non frequentano più il Cpi e non è alla ricerca attiva del lavoro. I contatti ora sono circa 20 mila, 5.000 su Teramo, 6.000 su Roseto, 4.900 su Giulianova e 3.000 su Nereto”.

Renata Durante rimarca il fatto che ora l’attenzione sui Cpi si sia concentrata per via del reddito di cittadinanza: “Forse a livello mediatico e così ma il ministero del lavoro dal 2018 aveva già fissato le linee di indirizzo triennali per la riforma dei servizi del lavoro, prevedendo una serie di obiettivi annuali in materia di politiche attive”. Insomma, la riorganizzazione dei Cpi viene da lontano e non dalle recenti misure del governo gialloverde.

“Certo ora va curata la fase di transizione e non è semplice” chiude Durante che si dice consolata dal fatto che “il reddito abbia acceso i
fari sulla situazione non idilliaca dei Cpi”.

Maurizio Di Biagio