PESCARA – Quale rapporto esiste tra terrore, terrorismo e violenza politica? In che modo il terrore ed il terrorismo si sono fatti strumento della lotta politica? Sono alcune delle domande poste al centro della presentazione del volume, edito da Einaudi, “Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica”, in programma a Pescara mercoledì prossimo, 26 giugno, alle ore 17,30 nella sala Berlinguer, in via Lungaterno Sud 76. Organizzato dalla Fondazione Abruzzo Riforme, l’incontro coordinato dal giornalista Fabrizio Masciangioli, vedrà la presenza di interlocutori d’eccezione: con l’autore Francesco Benigno, storico, docente alla Scuola Normale Superiore di Pisa, discuterà infatti l’europarlamentare Franco Roberti, magistrato, ex Coordinatore della Procura nazionale antimafia.
“Non c’è terrorismo senza cause e anzi, per meglio dire, senza una Causa. Ed è questa causa ad essere «messa in scena» nell’atto terroristico attraverso la costruzione di un evento che è una rappresentazione polarizzata della lotta del bene contro il male” si legge nella presentazione del volume pubblicata sul sito della casa editrice. “Generalmente – prosegue il testo – si intende per terrorismo la deliberata volontà di diffondere terrore colpendo la popolazione inerme considerata nemica. Terrorismo, dunque, come creazione di terrore. Francesco Benigno contesta tale approccio ricorrendo alla storia”.
Benigno, che per anni ha legato il proprio nome all’ateneo teramano, dove ha tra l’altro rivestito il ruolo di Preside della Facoltà di Scienze della comunicazione, sceglie un approccio differente: la produzione di «terrore» non è stata infatti storicamente l’unica dimensione del «terrorismo» e anzi esso può essere meglio compreso come la costruzione di un evento clamoroso, capace di risvegliare le masse dal loro sonno politico, qualcosa che «parla» anzitutto al popolo e che gli anarchici chiamavano «propaganda col fatto». Allo stesso tempo però la storia ci insegna che il terrorismo è anche una tecnica bellica usata in tempi di pace, la continuazione della politica con mezzi esplosivi. In questo senso esso è quindi uno spazio di opportunità aperto ad una pluralità di attori, statali e non statali, che usano il terrore (e il contro-terrore) come strumento di politica interna e internazionale.