TERAMO – Abbiamo letto con attenzione l’intervento dei rappresentanti del PD in Consiglio regionale
in merito alla riduzione di 10 mila ettari della superficie del Parco regionale del Velino.
Oltre ad ascriversi il dubbio merito di una condotta apertamente ostruzionistica nel corso
dei lavori in Aula, la nota si sviluppa nei consueti toni allarmistici, ma privi di fondamenti
oggettivi che siamo abituati ad ascoltare ogni volta che il tema in discussione è l’ambiente,
apparentemente “proprietà intellettuale” e appannaggio solo di una parte, peraltro assai
minoritaria, di cittadini abruzzesi.
Ideologia ed emotività paiono ancora una volta essere le uniche linee guida seguite nelle
proprie argomentazioni dalla sinistra regionale, schierata non a difesa degli interessi della
comunità, come dichiara, ma più banalmente e pretestuosamente ad attaccare l’attuale
maggioranza.
Difficile poter dare diversa lettura alla levata di scudi contro la riconversione di 10milla
ettari di territorio quando un documento della stessa Regione Abruzzo descrive quello
regionale come un “sistema protezionistico davvero esteso e complesso; difatti circa un
terzo della superficie regionale è costituito da are protette nazionali e regionali e, sia nelle
zone montane che in quelle prossime alla costa, l’intero territorio è interessato dalal
cospicua presenza di altre aree a diverso carattere protezionistico. Per questo oltre alla
presenza dei grandi parchi, è importante evidenziare l’esistenza di un’intricata rete di
riserve naturali ed aree tutelate a livello comunitario ed internazionale, talvolta disposte
in sovrapposizione tra loro”.
Di quale attacco portato all’ambiente si parla allora? Ma soprattutto, di quale rinuncia
all’economia dell’ambiente? Ancora si continua a voler vendere la presenza di vincoli e
restrizioni allo sviluppo del territorio, alla fruizione sostenibile dei prodotti naturali, allo
svolgimento di attività tradizionali, all’imposizione di vincoli spesso insuperabili ad
attività commerciali e produttive, come “ricchezza”.
Nel 1988 su richiesta in Consiglio regionale del Gruppo misto di cui chi scrive era
capogruppo, fu istituita una Commissione di inchiesta per accertare e valutare gli effetti dei
parchi sulle aree ricomprese al loro interno. Il Gruppo misto affidò al prof. Gerardo
Massimi dell’Università di Pescara, Facoltà di economia e commercio, uno studio, che
ultimato nel 1999, mise in luce le forti negatività dei parchi su tutte le attività umane e il
riaccentuarsi dello spopolamento nelle aree interessate dovuto proprio alla crescente
difficoltà, se non assoluta proibizione, a proseguire le attività usuali.
Certo, altro discorso se per “economia dell’ambiente” si vogliono indicare finanziamenti,
consulenze, protocolli vari per studi e attività di vigilanza ed altro, che riguardano però
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sempre e solo determinate e ben individuate categorie e persone, che non crediamo sia
necessario indicare.
Come cittadini dunque, prima che come categoria sociale interessata alla gestione
dell’ambiente, non possiamo che plaudire alla decisione presa dalla maggioranza,
auspicando anche che prosegua nella sua opera di riordino e riorganizzazione di un settore
che troppo spesso ha anteposto interessi personali e di parte alle reali necessità di tutela e
protezione di un bene che ricordiamo essere di tutti i cittadini e non solo di una parte – per
di più minoritaria – di questi, che si erge in virtù di non si sa bene quale titolo da nessuno
riconosciutogli, a giudice e guida di ogni attività umana imponendo, loro sì, stili e modelli
di vita.

FEDERCACCIA ABRUZZO – ERMANNO MORELLI