Evidentemente la psiche degli umani non è stata programmata per avere alternanze di comportamento così repentine come i decreti del governo italiano, vorrebbero.

In Italia abbiamo avuto una sospensione della mobilità ed uno stazionamento di milioni di persone entro le mura domestiche che hanno comportato una immobilità durata cinquanta giorni.

Nel corso di quel periodo, in cui si è registrato un sostanziale abbassamento della soglia di vigilanza, le persone si sono abituate a mettere a riposo tutti i comportamenti che potessero dar luogo all’ansia che si scatena per la necessità di competere o di rivaleggiare.

C’è una sindrome che racconta dei soggetti che amano restare rintanati a casa perché in questo “ritiro sociale” avrebbero considerato favorevolmente tutti i vantaggi di una vita meno frenetica : insomma una esistenza più rispettosa dei loro tempi.

Attraverso la “vita sospesa” del lockdown, c’è stata l’occasione di esplorare nuovi interessi che hanno permesso di rilevare che, ad esempio, il lavoro svolto non era proprio corrispondente alle preferenze di quel soggetto.

Cosa ha portato questo confronto tra desideri di nuovi lavori che sono stati valutati, messi al confronto con il lavoro “improvvisamente sospeso”, avaro di prospettive anche per il futuro?

Che 4 titolari di esercizi commerciali su 10 non ritengono saggio alzare “le proprie saracinesche” il 18 maggio, senza quel minimo preavviso necessario alla sistemazione dei tavoli (se si tratta di ristoranti): in quei quattro esercenti non intenzionati a riprendere il lavoro, ci sono però anche altre motivazioni.

Siamo davvero certi che a frenare la ripartenza siano solo le disposizioni vigenti non proprio esaustive e chiare in ogni loro aspetto?

Potrebbe, in quella consistente minoranza, esserci anche quell’esercente che non ha voglia di “rituffarsi” nella competizione per assicurarsi il cliente?

Che poi significa riprendere, tra gli altri, il contatto con i fornitori oltre ad allestire un punto per la distribuzione del detergente e stabilire come far entrare la clientela senza creare assembramenti.

Quel determinato commerciante forse si è accorto che “una sospensione protratta per oltre cinquanta giorni” produce l’effetto di demotivare, oltre che di non entusiasmare, vista la prospettiva di incassi più limitati, per via dei distanziamenti che penalizzano l’ospitalità dei soggetti presenti nel locale di ciascuno.

Accade allora che si affaccia quella sindrome che riguarda la struttura individuale di personalità : in essa si fa riferimento al disinteresse generalizzato della persona verso qualsiasi impegno.

La espressione “capanna” richiama il soggetto al cospetto di uno stile di vita che, per chi vive lontano dagli stress, è davvero invidiabile: nessun rapporto imposto e auto-isolamento in casa, cioè la “capanna”.

Come si manifesta? Nel fondamentale desiderio di non uscire di casa, aspetto che prima veniva visto come una privazione del mondo esterno: poi si trasforma in opportunità da cogliere al volo in quanto offre la prospettiva di una esistenza al riparo da tante ansie.

Si tratta di una consuetudine che va espandendosi e, per certi versi, presenta tutte le caratteristiche del modo di essere “rinunciatario”: dunque, una concezione di vita che presenta analogie con la depressione.

Occorre essere molto vigilanti a questo proposito: le persone che soffrono di depressione, sono attualmente nel mondo, 260 milioni.

Certamente, per ripartire, o come il capo del governo, ha avuto modo di dire, “per tornare a correre” e mettere in salvo la economia del Paese, una sindrome chiaramente rinunciataria e propensa al ritiro sociale, è l’ultima cosa che può risultare giovevole.

E’ necessario però riflettere: non starà accadendo che davvero ci troviamo in un cambiamento d’epoca in seguito al quale stanno “saltando” tutti i collegamenti del produrre-consumare-vivere ansiosamente- ritornare a produrre?

Il covid.19, con il suo virus infettante, potrebbe anche aver alimentato dubbi in merito ad un sistema di concezione della produzione che non sta più convincendo del tutto?

Ernesto Albanello