Aveva iniziato a morire in una notte del luglio 2012. Me lo confidò con il cuore fuori dal petto, davanti ai “Tre galli”, in una serata che durò per anni. Avevo conosciuto il cavalier Vincenzo Di Giuseppe da ragazzino. Chiamò mio nonno – meccanico, che aveva lavorato con Rabbi e Di Patrizio – quando nel pieno progresso di una economia che sembrava non voleva fermarsi mai, aprì prima una azienda  per macchinari per l’edilizia che viveva giorni fulgidi, poi portò la Mercedes a Teramo. Anni irripetibili di successi ed entusiasmi. Per anni io passai a Piano D’Accio a salutarlo ed a sognare una di quelle supercar che divennero status symbol di una generazione. E li conobbi il figlio Mimmo. Un successo dietro l’altro per Vincenzo, un uomo buono. Ricco di idee e di energia. Voglioso di fare. Anni d’oro che mai gli federo dimenticare le origini ed il dovere della solidarietà. Ed ora ha chiuso i suoi occhi vispi e pieni di luce, per sempre.

Ma “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi“. E così, come non si sa, un giorno maledetto al fianco di quella bella famiglia si accomodò, d’un tratto, un ospite bastardo, un convitato malvagio che in silenzio, diventò protagonista da quel momento in poi. E così il Cavaliere si accorse di essere iniziato a morire attendendo un ritorno che non ci fu. Un “no” che non ci fu. Una frase “smetto” che arrivò tardi. Quell’uomo buono, gentile, che non fece mancare mai una stretta di mano a chi era in difficoltà, a chi volle fare dello sport, a chi iniziava una impresa, a chi aveva bisogno di una parola, iniziò a morire respirando piano, secondi dietro minuti guardando fuori dalla finestra e respirando piano. Chiudendo gli occhi Perdendo il tempo, e prendendosi quel tempo che non aveva mai avuto, quel tempo che sapeva di morte. Lui che non aveva avuto mai un minuto da perdere Impotente davanti ad una malattia cattiva che aveva colpito il suo cuore pulsante

Aveva iniziato a morire in una notte del luglio 2012 abbracciato a quel dolore all’unisono con Mimmo quando capirono che era finita. E da quel momento fu la notte. E nella notte, mentre era debole, affranto, perduto,  incontrò delle iene che lo aggredirono fino a spolparlo vivo, togliendoli quello che con il suo sudore aveva creato. Molti hanno dimenticato. Molti non hanno mai saputo la verità su quell’impresa prestigiosa, con quel marchio prestigioso, creatore di sogni, improvvisamente finita. Ed è impossibile raccontarla ora. Ma che si sappia almeno che c’è chi sa. Che chi avrebbe potuto non mosse un dito, non disse almeno qualcosa. Che c’è chi non ha dimenticato i fatti. E, chi sa che prima o poi questa storia non la racconterò proprio così come mi è stata raccontata da un altro grandissimo e storico inventore degli anni ’60 teramani, Alfonso di Patrizio, in una delle nostre nuotate alla “Reserve” di Caramanico.

Ed ora ? Cosa dire a Rosalba ? Cosa dire ai nipoti ? Tutti in questi momenti si chiedono che cosa accade quando moriamo. Alcuni credono che cessiamo di esistere, mentre altri credono in un paradiso e in un inferno. E’ molto semplice. Continueremo a vivere dopo la morte. Lo sappiamo perché Dio ha delineato il Suo piano completo per noi. E nel dolore ciò può darci conforto e pace riguardo. Mentre piangiamo le persone care che abbiamo perso, abbiamo una speranza — la morte non è la fine.