ROMA – Con la riforma che ha assorbito la Forestale nei carabinieri, il personale del Corpo che voleva continuare a operare nel comparto sicurezza ha dovuto accettare una “militarizzazione forzata” perché l’unica alternativa possibile era andare in altre amministrazioni dello Stato, cioè cambiare mestiere. Con conseguenze anche sul piano dei diritti civili: perchè un militare non può per esempio scioperare e non gode di una vera libertà sindacale e vede compresse la libertà di associazione e di esercizio dell’attività politica. Così alcuni ex appartenenti al Corpo Forestale che volevano restare nel comparto sicurezza ma non diventare militari hanno fatto ricorso. E tre Tar che ne sono stati investiti, di Abruzzo, Veneto e Molise, hanno portato la questione davanti alla Consulta, che forse già oggi potrebbe sciogliere il nodo posto da chi ha impugnato la norma nata dalla legge Madia del 2015 e dai successivi decreti: se queste limitazioni dovute alla militarizzazione “non hanno giustificazioni ragionevoli” perchè la riforma non realizzerebbe nemmeno i suoi obiettivi di dare una maggiore efficienza alle forze di polizia e contenere i costi; e se dunque la relativa norma vada dichiarata incostituzionale,facendo venire meno la contestata militarizzazione. O se invece nella riforma sono stati correttamente bilanciati tutti gli interessi costituzionali in gioco, compresa la tutela del lavoro, come sostiene invece la Presidenza del Consiglio dei ministri che ha chiesto il rigetto dell’istanza. Le due opposte tesi si sono confrontate stamani nell’udienza pubblica della Consulta.(ANSA).