Ci sarebbero tante parole da dire, parole di ricordo, parole di rabbia, di frustrazione. Ma il dolore è muto. E nel dolore non può mancare un ghigno per la morte assurda di questo grande uomo che è stato per tanti un simbolo della vita. Ma questa tragedia che colpisce tutta la comunità della musica, non solo italiana, lascia un profondo dolore. Non ci resta che farci forza, pregare e  abbracciarsi, in silenzio. Con gli occhi colmi di lacrime da quando è arrivato il messaggio dall’ospedale sulle sue condizioni .“Morte cerebrale” hanno detto i medici. Nulla da fare.  E tutto questo sembra veramente assurdo. Ricorderemo solo che in un giorno di marzo, nel modo più assurdo che possa esserci, è morto Vincenzo Spera, amico carissimo, esempio di vita, persona di grande serietà e lungimiranza in un mondo di starlette momentanee, imprenditore fondatore e direttore di Duemila Grandi Eventi, uno dei più grandi promoter di eventi musicali che abbia mai calcato i palchi italiani. Da non credere in che modo, per una persona che ha girato il mondo in lungo e in largo per 40 anni. Investito a Genova, sotto casa, dallo scooter di un 18enne.

Vincenzo era un visionario. No, non uno di quelli tra droghe e pippe varie, nemmeno di quelli presi dal fuoco sacro e mistico. No, Vincenzo era un visionario molto pragmatico, ma pur sempre visionario. Perché nella sua visione c’era, c’è sempre stata,  l’idea del futuro.  Io avevo coniato per lui l’appellativo “Anti Zard per eccellenza”.  Perché il futuro, per Vincenzo, era dietro l’angolo, anche quando in realtà era lontanissimo, come nei primi anni Settanta, quando iniziò a organizzare concerti in Italia (come Zard). Non era come oggi, chi non c’era non può credere quale fosse il livello di caos, di violenza, di tensione ai concerti in Italia, con gli autoriduttori sempre pronti a sfondare i cancelli, i servizi d’ordine a cercare di contenere i danni e la polizia, quando arrivava, a caricare tutti, chi aveva il biglietto e chi no. Ma lui era sempre lì, appassionato fino all’eccesso, pronto a litigare e discutere con chi sfondava i cancelli, ma anche pronto a migliorare le cose, a spingere per avere strutture più adatte a ospitare la musica dal vivo, pronto anche a prendersi cura degli artisti, oltre che del pubblico. Vincenzo, con David Zard e Franco Mamone, è stato tra i pionieri del mercato della musica dal vivo nel nostro paese, anzi potremmo dire che i primi tre se l’erano inventata dal nulla, seguendo gli esempi inglesi ed americani, portando nei palasport, nei teatri, negli stadi, tutti i più grandi artisti del rock e del pop. E subendo, soprattutto quaranta anni fa, le critiche di chi pensava a loro come a  “squali” della musica, interessati solo al soldi e non all’arte. Non era così. Che fosse un business era chiaro fin dall’inizio, anche quando il business non c’era ma loro avevano una visione dell’industria dei concerti che conteneva appunto la parola industria. Ma Vincenzo era anche un enorme appassionato di musica, conosceva artisti, generi, tendenze, si informava, era attento e nulla sfuggiva al suo radar. Non tutto gli andò bene, come ovvio in un mestiere dove l’alea resta molto elevata, ma gran parte delle sue visioni si confermarono come giuste con il tempo. Aveva fiuto, sia per gli artisti sia per il pubblico, conosceva e riusciva a vedere il talento anche nei gruppi e nei solisti più giovani, e li ha sostenuti volentieri, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta.

Dicono che l’asfalto in quel momento era bagnato a causa della pioggia e la moto non ha frenato. Dicono che lo schianto è stato molto violento. Dicono che era buio. Dicono che le hanno provate tutte. Resta che il mio carissimo amico e maestro Vincenzo Spera non c’è più. 70 anni, di Salerno, era legato a doppio filo con Genova, dove si era trasferito giovanissimo per seguire il cammino di Fabrizio De Andrè. Attualmente, era presidente dell’associazione nazionale dei produttori e organizzatori di spettacoli di musica dal vivo (Assomusica) sempre riconfermato dal 2011 ma anche membro della Consulta dello Spettacolo del MibACt e del consiglio di presidenza dell’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, presidente di Elma (European Live Music Association), unico italiano, dell’European Forum Safety and Security. Ma la cosa che lo inorgogliva di più era essere “ambasciatore di Genova nel mondo”.  Autorità riconosciuta nel campo, persona di una serietà unica nel settore, era uno dei manager più autorevoli nel settore dell’organizzazione di eventi, a livello nazionale e internazionale. Aveva portato in Italia cantanti del calibro di Frank Sinatra , Joe Cocker, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Miles Davis, Ray Charles, Ella Fitzgerald, Peter Gabriel, Lou Reed. Eric Clapton, B.B. King  e Tina Turner. Sono cresciuti con lui Fabrizio De André, Gaber, Beppe Grillo,Vasco Rossi, Paolo Conte.

Grande amico di De Andrè, Spera fu scoperto dal grande pubblico nel giugno ’99 per aver organizzato con Dori Ghezzi un importante evento per ricordare Faber. Il tendone era stato disegnato da Renzo Piano, amico di Fabrizio, in riva al mare. La Festa della musica — sotto il tendone delle feste del Porto Antico — era stata trasformata nel primo omaggio collettivo di Genova a Fabrizio De André. Aveva chiamato a salire sul palco, uno dopo l’altro, gli artisti che con Fabrizio avevano condiviso pezzi di strada e di musica. Un bellissimo momento, che ha illustrato quanto forte fosse il legame di Spera con i suoi artisti. Era burbero e simpatico, affettuoso e tagliente, difficile e morbido, aquila e colomba. Un meraviglioso cumulo di contraddizioni dal quale emergevano la sua personalità, le sue fortissime convinzioni, il suo amore per la musica, per lo spettacolo italiano, per cui ha fatto molto di più di quel che si immagina. E sarà, giustamente, ricordato per questo. Non ci resta che il ricordo di quell’amico sempre gentile e affettuoso. Di quell’amico con il quale ho condiviso tanti momenti di festa. Un amico che è stato simbolo di vita, che amava la vita, sognava questo Paese vivo, allegro, colorato, pieno di musica. Solo il ricordo di un amico che anche quando il cielo era grigio, vedeva azzurro. La fatalità può spegnere la sua vita, non l’ottimismo che ci ha trasmesso. Anche quando non c’era motivo di essere ottimisti, il suo sorriso cambiava la prospettiva. Ciao Vincenzo, sono certo che lassù troverai gli amici di una vita e suonerai con loro. E sarà un grande concerto.