Con l’entrata in vigore del regolamento ERP per la disciplina regionale dei servizi abitativi nella Regione Abruzzo si vieta la possibilità di riunirsi alla famiglia d’origine e, quindi, il Comune di riferimento è impossibilitato a rilasciare certificati di residenza. Secondo la legge regionale della Regione Abruzzo approvato dal Consiglio regionale n. 30 del 24 agosto 2018, i rapporti parentali, anche stretti, non valgono a rendere perpetuo e inestinguibile il diritto al subentro. Il diniego alla residenza è stato opposto a moltissimi cittadini che sono tornati ad abitare con i genitori, assegnatari di alloggi popolari in città. Figli che hanno dalla nascita convissuto con i propri genitori, poi, per motivi di lavoro si sono trasferiti altrove. Oggi hanno la necessità di tornare ad abitare con la famiglia d’origine. Il diritto alla residenza significa, innanzitutto, avere una identità e costituisce una condizione basilare che rappresenta il primo scalino per accedere ad altri diritti sociali fondamentali, come il diritto di voto, il diritto al lavoro alla salute, l’accesso alle graduatorie per un alloggio popolare, oppure la possibilità di prendere la patente di guida, acquistare un auto, un motorino, usufruire del reddito di cittadinanza. In tempi di crisi economica, aumentano le possibilità di essere sfrattati dalla propria abitazione, di rimanere soli e di scivolare sempre più in una condizione di precarietà e di marginalità sociale. Se a tutto ciò si aggiunge anche la perdita della residenza, viene a mancare qualsiasi riferimento per ottenere un sostegno e riprendere, poi, a camminare con le proprie gambe. Chi non ha un alloggio, chi vive per strada, chi è costretto a subire gli affitti a nero, chi vive ospite di qualcuno, è spesso privo o perde la residenza con tutte le conseguenze negative sulla fruizione di importanti diritti di cittadinanza e sulla vita quotidiana, non anche il ricevimento della posta personale. La mancanza di residenza è uno dei tanti elementi che rende, i soggetti sempre più invisibili e privi di identità. Nell’ambito della lotta alla marginalità e per l’inclusione sociale, quanto mai attuale in questi tempi drammatici di crisi economica, è ora di riaprire una vertenza generale sulla residenza, partendo dai luoghi reali di vita e di recapito delle persone, per garantire a tutti di accedere a questo diritto indipendentemente dalla condizione sociale e materiale. D’altra parte, il fatto materiale di trovarsi a vivere in un luogo deve essere espressione di una scelta del soggetto di fissare in quel luogo la sua residenza o il suo domicilio. Come sindacato, chiediamo, al nuovo Consiglio regionale di rivedere questa scellerata modifica alla legge n. 96 del 1996, che non fa altro che aumentare l’emergenza abitativa per figli che vogliono rientrare dai propri genitori a seguito di perdita di lavoro, separazione o altro motivo.