A Teramo l’autobus urbano lo chiamiamo tram. Eppure un tram, uno vero, con tanto di rotaie e collegamenti elettrici, non lo abbiamo mai avuto.

L’autobus extraurbano, invece, veniva chiamato, e spesso lo è ancora, corriera, o postale.

Il treno, invece, per i teramana, è la “littorina”, in ricordo delle antiche automotrici diesel del 1933 che sostituirono i treni a vapore.

Nomi antichi, che, paradossalmente, individuano un servizio che, negli anni, non si è poi così modernizzato rispetto al passato. Certo, i mezzi si sono, più o meno, modernizzati, ma orari, tratte, infrastrutture, strutture e orari, non riescono ad adeguarsi alle esigenze degli utenti e della città.

Pensiamo alla stazione ferroviaria, costruita in periferia e mai, realmente, integrata con il trasporto pubblico locale su gomma.

Pensiamo agli orari degli autobus urbani ed extraurbani, alle linee e agli orari che creano disagi ai viaggiatori, alla pianificazione integrata della mobilità che non esiste.

Ad esempio chi vi scrive percorre, quotidianamente, la tratta Giulianova-Teramo, in autobus, per recarsi a lavoro.

In questi giorni molte scuole teramane hanno iniziato l’anno scolastico, con decine di studenti che affollano i bus della TUA, soprattutto sulla tratta che unisce la città alla costa. Ebbene per la Società Unica Abruzzese di Trasporto, meglio conosciuta come TUA, le corse “scolastiche” ricominciano da lunedi prossimo. Quindi meno corse bus e studenti, e pendolari, costretti a viaggiare pressati dentro mezzi, dove spesso l’aria condizionata non funziona, in condizioni di sicurezza precarie, visto che si supera, abbondantemente, la capienza massima prevista per i mezzi.

Certo, sarà un disagio di qualche giorno (anche se in realtà anche a pieno regime alcune corse sono totalmente insufficienti per garantire un comodo viaggio) ma questo inconveniente mette in luce un fatto gravissimo: in Abruzzo, e nel teramano in particolare, non esiste una programmazione della mobilità.

Il Piano Regionale dei trasporti è fermo al 2012, e non è diventato mai operativo.Tra l’altro nel teramano non esiste il biglietto unico che sarebbe utilissimo per integrare il trasporto ferroviario con quello su gomma extraurbano ed urbano.

La Legge Regionale 16/12/2005 n. 40 sulle “Politiche regionale per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi delle città” che avrebbe dovuto “promuovere e coordinare le iniziative in materia di organizzazione temporale che le amministrazioni comunali sono chiamate ad attivare, per avviare un progetto diffuso di ricomposizione dei tempi della vita quotidiana al fine di stabilire una dimensione più umana al vivere e al produrre” è rimasta pressochè inapplicata.

Quasi nessun Ente (Regione, Province, Comuni, ASL, Università, ecc.) ha al suo interno la figura del Mobility Manager aziendale, obbligatorio per imprese e gli Enti pubblici con singole unità locali con più di 300 dipendenti e le imprese con complessivamente più di 800 addetti, ma utile anche per strutture più piccole.

Le scuole ignorano la figura del Mobility Manager scolastico, non obbligatoria ma indispensabile, soprattutto per i grandi istituti, per adottare politiche di mobilità, per studenti e dipendenti, che agevolino gli spostamenti da e verso la scuola.

Non esiste neppure la figura del Mobility Manager d’area, che dovrebbe coordinare i diversi Mobility Manager aziendali e scolastici, interfacciandosi con le aziende di trasporto e gli altri Enti ed organismi locali.

Eppure, e in questi giorni lo si tocca con mano, il problema traffico, a Teramo, esiste, e bisognerebbe agevolare sempre più i cittadini, siano lavoratori o studenti, ad utilizzare il trasporto pubblico locale al posto dell’auto privata.

In Europa, e in molte città italiane, la mobilità viene pianificata, anche a livello urbanistico, e si cerca di riconquistare lo spazio pubblico sottraendolo all’invasione delle automobili per ridonare, alla città e ai cittadini, zone della città dove passeggiare, incontrarsi, vivere.

In Europa… a Teramo la città viene pianificata dai commercianti e da singoli portatori di interesse, anche istituzionali, che hanno una visione del fenomeno ristretta alle loro esigenze del momento.

E così chi, per necessità o per scelta, utilizza il mezzo pubblico quotidianamente, è costretto a subire disagi, ritardi, mezzi pieni, incontri con personaggi bizzarri, odori e chi più ne ha più ne metta.

Eppure basterebbe poco, veramente poco. Ma, purtroppo, siamo abituati a non avere neanche quel poco.

Buon viaggio a tutti.

 

di Raffaele Di Marcello