TERAMO – In fase tre sono riapparsi anche più numerosi di prima gli extracomunitari che, con le mascherine sul volto, chiedono l’elemosina. La singolarità ora è rappresentata dal fatto che, a differenza di prima, sono presenti di sera tra i tavoli dei dehors moltiplicati dalle disposizioni comunali anti Covid.

In molti cercano di sbarcare il lunario con moglie e figli che li aspettano a Pescara o a Montesilvano, o anche più vicino. Altri invece paiono rispondere a crismi di marketing territoriali, allocati in posizioni strategiche quali supermarket o banche.

La Prefettura di Teramo fa sapere che in qualche caso v’è una conduzione del fenomeno per mano non tanto di mafie acclamate e storiche ma, come riferisce l’ormai ex prefetto Graziella Patrizi, piuttosto di un sodalizio di criminali locali che prende in mano la situazione.

Certo, dopo il Covid se negli anni d’oro v’erano in provincia circa mille richiedenti asilo, ora se ne contano 270.Durante il lockdown, però, se la sono vista brutta. Immigrati, richiedenti asilo, clandestini, vu cumprà: tutti a casa appassionatamente condividendo con gli italiani il destino di clausura.

Dalla Polizia locale di piazza San Francesco apprendiamo che, in quei giorni, il loro numero tra le vie è stato ridottissimo e coloro che qua e là bighellonavano si mostravano per lo più intimiditi dal girovagare delle auto delle forze dell’ordine. I controlli nei loro confronti sono stati risicati: qualcuno, asseriscono gli stessi agenti, palesava difficoltà con la lingua, non si sa se in modo autentico o meno, e  comminare una sanzione amministrativa sarebbe stato considerato solo dispendio di tempo viste le loro ridotte risorse economiche e la capacità di saldare il debito.

Se da un lato c’è purtroppo un vulnus, in diversi fanno il loro onesto mestiere, come Asad, che come tutti anche lui è stato bloccato a casa.
Cattolico fervente, un’asma che si porta dietro da anni, una moglie e tre figli, da 15 anni ormai nel Belpaese (assumerà la cittadinanza italiana a ottobre), è stato asserragliato tra le quattro mura. Tutto ciò senza poter contare sul suo incasso giornaliero per una mercanzia misera di calzini ed altro che si attesta, dice lui, tra le 30 e le 40 euro se va bene, anche 50 ma spesso pure 20. E se non fosse per gli amici italiani che, in una catena umana di solidarietà lo aiutano finanziariamente, non saprebbe dover sbattere la testa.
Ha avuto accesso al bonus spesa di 270 euro ma per una famiglia così composta non è abbastanza, per via anche dei 450 euro di affitto che purtroppo non è riuscito ad onorare nel mese del lockdown, e inevitabilmente si sono presentate le prime sollecitazioni a pagare le bollette, anch’esse inevase. Ne è arrivata un’altra a casa Asad solo pochi giorni fa, ma non è ancora stata aperta, dice lui, per paura.
Riconosce che molti qui in Italia non se la passano bene ma prima almeno riusciva a sopravvivere. È stato ligio alle regole: è uscito molto poco se non per accompagnare la moglie a far spesa. “Mi è mancata la libertà – chiude – quella di vedere gente, di prendermi un caffè ed anche di andare in chiesa”.

 

di Maurizio Di Biagio