TERAMO – Riceviamo e pubblichiamo la lettera del Presidente di Citadinanzattiva Teramo Mauro Chilante sull’emergenza Covid 19 indirizzata al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio, ai vertici regionali, al Presidente dell’Anci Abruzzo Gianguido D’Alberto, al Direttore generale della Asl di Teramo e al Prefetto di Teramo Graziella Patrizi,

 

 

Gentilissimi tutti,

da giorni, ormai, si susseguono le note polemiche sulla applicazione o, meglio, la mancata applicazione di misure sanitarie che riguardano la prevenzione e l’intervento ritardato rispetto alla prevenzione. Misure che riguardano principalmente il territorio della Provincia di Teramo e l’Ospedale Mazzini in particolare. Misure in merito alle quali appare evidente che ciascuna ASL, ma anche ciascun ospedale, siano stati lasciati più o meno liberi di decidere se e come intervenire.

È di pochi giorni or sono l’intervento, rivolto alla Regione, del nostro Commissario Regionale Antonio Gaudioso che è, tra l’altro, anche il nostro Segretario Generale, il quale ha anche richiesto l’esplicito coinvolgimento di CA nell’emergenza Abruzzese, sulla scorta della nostra rete dei Tribunali del Malato e della nostra competenza in materia di piani sanitari. Avrei, come di prassi, dovuto attendere la risposta della Regione prima di apportare un qualche altro contributo sulla base della mia personale esperienza. Poiché tuttavia veniamo sollecitati da più parti e la situazione non sembra ancora essere completamente sotto controllo, mentre si fa sempre più viva ed evidente la presenza di falle nel coordinamento complessivo ma anche specifico dell’emergenza, ho ritenuto utile rompere gli indugi ed offrire alla attenzione delle SS.LL. alcune possibili ipotesi per migliorare e rendere più organica l’organizzazione e l’intervento sul territorio. Utilizzo, di base, le numerose emergenze sismiche alle quali mi è occorso di partecipare per motivi di lavoro.

Tutte le polemiche sorte, le risposte stizzite da parte di sanitari, l’oggettiva situazione di estrema pericolosità nella quale continuano ad operare medici, infermieri ed OSS nell’Ospedale Mazzini, il continuo aumento di contagiati in questa Provincia, l’evidente mancanza di un coordinamento a livello più alto di quello comunale, la mancanza di dialogo tra le istituzioni più volte lamentata dal Presidente dell’Anci Abruzzo, mi inducono a provare a ragionare, sulla base delle norme vigenti ma anche su quelle della direttiva che il DPC dovrebbe stare per emanare, su ciò che forse potrebbe ancora esser fatto per analizzare, frenare e tentare di governare l’emergenza. Soprattutto per essere pronti se l’epidemia si dovesse ripresentare, sotto forme recidivanti, in un futuro molto prossimo, prima che venga sperimentato, prodotto e commercializzato il vaccino. Fatto per il quale, però, sappiamo che occorreranno tempi piuttosto lunghi.

Emblematica doppiamente è la denuncia pubblica del trattamento ricevuto da un’infermiera (ma in quanti altri casi sarà accaduto?) nel pronto soccorso del Mazzini, apparsa il 7 aprile, dalla quale risulta che, pur mostrando chiari sintomi di possibile infezione, non le è stato effettuato il tampone. Doppiamente emblematica perché, oltre a dimostrare l’inesistenza o l’inapplicazione di protocolli precauzionali posti in essere in ospedale, dimostra che potrebbero essere stati lasciati allontanarsi e recarsi a casa, un numero non quantificabile di persone affette da Covid 19. Con conseguenze facilmente immaginabili. Perché, non far estendere anche alle altre ASL la presa in carico domiciliare dei soggetti risultati positivi, alla stregua di quanto sta facendo dal 7 aprile la ASL di Chieti? Esistono uno o più protocolli applicati in ogni reparto ospedaliero ed in ogni nosocomio abruzzese? Chi ne controlla l’applicazione? Chi sta lavorando alla tracciabilità?

V’è la possibilità, che è quasi una certezza visto ciò che sta avvenendo in Cina con le prime recidive e visto che lì si preparano ad affrontare anche le seconde future recidive, che la questione non finisca così presto come tutti auspichiamo. Il Prof. Ricolfi ha anche detto, ed è condivisibile, che manca quello che, per esempio in Germania si sta facendo a livello preventivo e per avere l’esatto polso della situazione. Cioè l’applicazione del T-M-T (Tamponi di massa – Mascherine per tutti – Tracciamento dei positivi e dei loro contatti).

Allora mi parrebbe il caso di prepararci a questa evenienza mettendo in campo tutte le risposte organizzative che ci sono consentite dalle risorse (economiche ed umane) che abbiamo a disposizione. Se poi questa preparazione non dovesse servirci (lo speriamo tutti), avremmo comunque fatto un ottimo esercizio di cui far tesoro per il futuro.

Sappiamo che ciascuna Regione può porre in essere anche misure aggiuntive rispetto a quelle previste nei decreti governativi. La disciplina più recente che abbiamo a disposizione a livello regionale risale al settembre/ottobre 2019 (DGR 586/19) ed in essa è affrontato chiaramente il problema dell’emergenza sanitaria da pag. 261 in poi.
Oltre tutto la deliberazione è aggiornata anche alle norme del d.lgs. 1/2018, che detta le nuove regole organizzative del sistema nazionale di PC.

Ai fini della prevenzione occorrerebbe, ora, da un lato, predisporre (se ancora non lo ha fatto), da parte della Regione, dei seri scenari di rischio (da aggiornare man mano sulla base dei dati reali), dall’altro ipotizzare la strutturazione di organi di coordinamento provinciali, ulteriori rispetto all’Unità di Crisi, da e con essa coordinati, che prevedano la partecipazione di tutti i protagonisti dell’emergenza, ben individuati dalle norme di PC, al fine di realizzare un valido coordinamento per la gestione comune dell’emergenza e lo scambio continuo di informazioni (la carenza di un coordinamento territoriale è stata lamentata anch’essa più volte dal Presidente dell’ANCI).

Ribadiamo subito, inoltre, che a questi scenari ed alla successiva predisposizione dei piani di PC debbono, non possono, essere chiamati a collaborare i Cittadini (singoli o associati).

Per quanto riguarda gli scenari di rischio, conoscendo oggi la causa oggettiva dell’emergenza e la sua accertata pericolosità, anche per l’imminenza di ulteriori possibili sviluppi, questi scenari servirebbero, prima di tutto, per rivedere (ed è in parte stato fatto, ma non si capisce se ciò sia accaduto su iniziativa autonoma di ciascuna ASL o sulla base di un effettivo coordinamento regionale) ed aggiornare l’utilizzo dei vari nosocomi e predisporre le strutture occorrenti là dove si prevede che siano più utili. Questo consentirebbe, l’ottimizzazione delle risorse sia economiche che di personale (non soltanto di quello sanitario ma anche delle forze di volontariato, delle forze dell’ordine, ecc..). Consentirebbe anche la stesura (o all’aggiornamento, se già emanati) di protocolli generali mirati alla gestione delle varie casistiche mediche, di quelli mirati alla sicurezza del personale, alla gestione dei ricoverati per patologie diverse, all’individuazione di priorità, ecc. Consentirebbe anche la stesura di protocolli specifici nosocomio per nosocomio, protocolli che oggi o mancano o, comunque, non vengono sempre rispettati (lo dimostrano le denunce riportate quotidianamente, ormai, sulla stampa). Protocolli che non dovrebbero essere elaborati, ma solo adeguati, dal singolo direttore sanitario della ASL (sempre che questi sia realmente attivo e capace), o dal Direttore del singolo nosocomio, ma redatti con la collaborazione tra queste figure, la struttura di coordinamento provinciale e la struttura regionale di Crisi di PC (dove siedono gli esperti di settore). Del resto occorre immaginare che, durante una emergenza, soprattutto se diversa, pericolosissima e nuova come questa, non tutti siano lucidi ed in grado di dare il meglio di sé (ammesso che ad occupare determinati posti di responsabilità siano state indicate persone effettivamente meritevoli). Bene, organizzare fin nei dettagli l’intervento in emergenza serve proprio per minimizzare i danni per mancate accortezze pregresse di questo tipo, per dettare le regole e per controllare che vengano applicate. Occorre controllare, infatti, che queste misure sia concretamente attuate e rispettate; anche questo sistema di controllo dovrebbe essere coordinato ed unitario.

Dicevo che sarebbe necessario organizzare sul territorio strutture di coordinamento provinciali (quelle previste dalla normativa di PC). Parrebbe necessario, infatti, che tutte le componenti della protezione civile partecipino attivamente all’emergenza coordinandosi ed essendo presenti ai vari livelli, da quello locale a quello regionale. Allo stato mancano strutture di coordinamento e condivisione tra enti territoriali che mantengono la strutturazione provinciale, le forze dell’ordine, quelle del volontariato, ecc. Per esempio, su un territorio insistono più nosocomi che, di giorno in giorno, vedono la situazione evolversi, mutare le esigenze. Queste strutture hanno bisogno di un coordinamento unitario e di un indirizzo territoriale che, a causa delle molteplici esigenze (non solo sanitarie) di protezione civile, sia interne che esterne alle strutture stesse, non possono non essere coordinate sia a livello locale che provinciale e regionale. Quindi non più soltanto dalla ASL competente per territorio, come sembrerebbe accadere adesso. Come vengono contemperati e da chi vengono coordinati i vari interventi interni nei nosocomi e quelli esterni in favore della popolazione in modo che siano omogenei, continuativi ed uniformi? Altro esempio: i COC sono stati costituiti soltanto in alcuni dei Comuni maggiori, non hanno un collegamento coordinato stabile tra loro perché manca quello con ASL, Prefettura, Forze dell’Ordine, Volontariato, Provincia (che resta un Ente di Area Vasta preposto al controllo ed alla gestione del territorio). Penso ad un organismo che riceva giornalmente e cataloghi notizie e sia in grado di esprimere indirizzi e direttive per il giorno seguente, secondo gli scenari di rischio e le necessarie misure di prevenzione da realizzare conseguentemente. Come avviene in ogni catastrofe naturale che sia territorialmente estesa.

Infine, la Regione ha deliberato recentissimamente (DGR n.586 del 14 ottobre 2019) in merito alla proposta di Direttiva del Dipartimento di PC recante gli indirizzi per la predisposizione dei piani di protezione Civile ai diversi livelli territoriali, approvando la proposta stessa. Non mi pare che detta Direttiva sia stata emanata dal Dipartimento. Tuttavia essa contiene quelle che potrebbero essere considerate delle ottime linee guida, anche in ambito sanitario, che potrebbero essere seguite ed attuate (anche sperimentalmente) in questa emergenza. Proponiamo di farlo nel modo più completo possibile, adeguando la proposta di direttiva, se necessario, alle esigenze specifiche del nostro territorio, se se ne dovessero riscontrare.

Di certo avremmo una strada indicata dall’esperienza del Dipartimento (che, certamente, non è scarsa) e sicuramente più adeguata di quelle che i nostri enti sono riusciti a mettere in campo allo stato. Soprattutto se lasciati senza un coordinamento gestionale forte e costante.

Ribadisco, infine, riprendendo la nota del nostro Commissario Antonio Gaudioso, la disponibilità a fare la nostra parte, per quello che potremo e che fossimo chiamati a fare, nel rispetto ed in adempimento delle normative nazionali e di PC sulla sussidiarietà e la partecipazione.

In fede.

IL COORDINATORE TERRITORIALE DELL’ASSEMBLEA DI TERAMO

Mauro Chilante