In questi giorni bui – nonostante splendide giornate di sole – si vorrebbe lanciare un pressante appello alla solidarietà, rivolto, in particolare, a cittadini facoltosi, ma che hanno – per dirla all’aquilana – “li saccocce a ciammarica”.

A tal proposito potrebbe essere utile la lettura di un sonetto romanesco del grande poeta Giuseppe Gioacchino Belli.

“La golaccia” 27 ottobre 1834

Quann’io vedo la gente de sto monno,

che più ammucchia tesori e ppiù s’ingrassa,

più ha ffame de ricchezze, e vò una cassa

compaggna ar mare, che nun abbi fonno, 4

dico: “oh mandra de cechi, ammassa, ammassa,

sturba li giorni tui, pèrdece er zonno,

trafica, impiccia: eppoi? Viè signor Nonno

cor farcione e tte stronca la matassa”. 8

La morte sta anniscosta in ne l’orloggi;

e gnisuno pò dì: “domani ancora

sentirò batte er mezzogiorno d’oggi”. 11

Cosa fa er pellegrino poverello

ne l’intraprenne un viaggio de quarch’ora?

Porta un pezzo de pane, e abbasta quello. 14

“L’avidità”

Quando io vedo la gente di questo mondo che, quanto più ammucchia tesori e più s’ingrassa, tanto più ha fame di ricchezze e vuole una cassa uguale al mare, che non abbia fondo, io dico: “O branco di ciechi, ammassa, ammassa, sconvolgi le tue giornate, perdici il sonno, traffica, datti da fare: e poi? Arriva il signor Vecchio (è il Tempo) col falcione e vanifica tutto ciò che hai accumulato, tutti i tuoi progetti, i tuoi disegni”. La morte sta nascosta negli orologi; e nessuno può dire: “domani ancora sentirò suonare il mezzogiorno di oggi”. Cosa fa il pellegrino di povera condizione nell’intraprendere un viaggio di qualche ora? Porta con sé un poco di pane e quello basta.

(Traduzione a cura di Gennaro Cucciniello)

Domenico Crocetti