PESCARA – «Per amministrare ci vuole il coraggio di prendere delle decisioni». E’ lapidario il Vice Presidente del Consiglio Regionale Domenico Pettinari rivolgendosi all’Assessore Verì nel corso interpellanza sul Riordino della rete di residenzialità psichiatrica, che si è discussa in Consiglio regionale.
«In Abruzzo abbiamo posti letto per pazienti psichiatrici in base al numero di abitanti. Ma le strutture sono piene poiché è venuto a mancare quel riordino, più volte esplicitato attraverso decreti del commissario ad acta o delibere di Giunta, che doveva avvenire in tempi certi e che invece aspetta da anni di essere attuato. Il risultato è che oggi le strutture per la cura della salute mentale della Regione Abruzzo sono ancora in attesa di riordino», prosegue il vice presidente.
«Un ritardo che pesa molto sulla vita dei pazienti, in particolare per tutti quei malati che hanno patologie classificate “non gravi” e che, per mancanza di strutture appropriate al recupero e alla cura, non sanno dove recarsi per essere aiutati. Oggi nel campo della salute psichica tutti i pazienti, senza distinzione di “gravità” e valutazione del singolo caso , sono inseriti in strutture non adeguate aggravando, in molti, casi lo stato mentale del soggetto», aggiunge Pettinari.
«Niente è più controproducente di una terapia sbagliata o addirittura impropria. Ad oggi non è dato sapere a che punto ci troviamo con questo riordino, anzi l’Assessore in Consiglio ci spiega che starebbero aspettando che siano le strutture stesse a proporsi per essere riconvertite in complessi appropriati», evidenzia il vice presidente.
«Una risposta assurda poiché dovrebbe essere compito della Regione decidere e far sì che chi si occupa di questo settore, per avere una contrattualizzazione e successiva convenzione con la Regione Abruzzo, si adegui alle necessità dei cittadini e non viceversa», prosegue l’esponente del Movimento 5 stelle.
«Se nessuno si propone, come mai faranno a mio avviso per motivi economici, cosa facciamo? Lasciamo pazienti allo sbando? Si obblighino le strutture convenzionate a riconvertire alcuni reparti per la cura di queste patologie o si levi loro la convenzione», conclude Pettinari