Se il centro destra teramano oggi presentasse Raimondo Micheli, esempio di serietà politica e professionale; la dinamica e combattiva imprenditrice Francesca Persia; la stimata e attiva Presidente dell’Ater Maria Ceci,  il sindaco D’Alberto potrebbe già disdire il contratto del fotografo da maggio 2023 e dare mandato di arieggiare il suo ufficio a L’Aquila. Alla Regione. In attesa di andarci poi nel 2024 da consigliere. Che è poi la ragione per cui non ha appoggiato D’Alfonso, il Pd e dunque la Di Padova, alle ultime elezioni. E’ legittimo. Ma difficile. Perché a Teramo nel Pd che dorme sonni profondi, con i consiglieri a extra gettone,  c’è una che ha capito tutto, gatton gattona, zitta zitta, nuovo look, occhiali Valentino stile Ocean Elevan, capello sprint, onnipresente, con i  video social da migliorare intanto entra, è cuoca, è madre, è avvocato, è politica con il coraggio di schierarsi, gli occhi da tigre ce l’ha veramente, e gli prepara la giobba. Ogni cosa a suo tempo. Chapeau.

Ma non solo. Arrivo a dire che persino se oggi tornasse il redivivo compagno pesciarolo Giorgione “Guevara” D’Ignazio, con il suo “me lo hanno chiesto gli amici”, l’aperitivo champagnino sparato al bar “Saten”, due risate come sa attrezzare lui, due mossette, persino con lui  il centro destra vincerebbe a mani basse, tanto è il malumore che regna oggi in città per le scelte di Gianrobinson D’Alberto. Una città dipinta di blu, il centro storico che è una cloaca, la storia infinita di viale Crispi, le promesse rimaste promesse tipo le telecamere e i punti ricarica delle auto elettriche, i regali extra che fanno schifo, i conti  su cui regna il mistero,  le cassate sulle presenze al Castello con gli aperitivi bevuti dai soliti noti  ma pagati  da noi, le buche di viale Crucioli, gli ammortizzatori rotti su via San Marino, non si placono con i servizi fotografici da Donna moderna. Ci vuole ben altro per chi. La differenza è che Robinson Crusoe (giusto precisare all’assessore alla cultura che è il titolo di un romanzo di Daniel Defoe)  aveva il giovane Venerdi. Un giovane selvaggio che l’aiutava, Gianrobinson ha un pretigno infido che gioca la partita per se. Non basta la serietà di Cavallari, la generosità di Valdo, la preparazione della Di Padova, se  la maggioranza  resta muta, passiva, in silenzio davanti all’arroganza di chi non risponde alle più semplici domande sulla gestione dei fondi pubblici, e ci sono consiglieri extra ratio (a cui verrà chiesto il conto).  Ci sono ex rivoluzionari che fanno l’errore di prendersi un localino  magari con le migliori intenzioni del mondo, che vengono meno se si assegnano gli altri  spazi agli amici suoi, senza regole, senza atto di affidamento, senza istruttoria, senza bando, senza regole e dunque fuori dalle regole. Senza regole chiare – di cui ho chiesto conto ma non ho avuto risposta –  5  bellissime associazioni che accontenti  20 rimangono scontenti . Così facendo – per la fretta di farsi la foto con i panini e la porchetta – anche una cosa buona finisce con la denuncia in procura. Altra filipponata. Avanti così.

Eppure Gatti non scioglie la riserva. Per colpa della Lega. Ma certo che no. Certamente pesa l’ok dell’assessore Pietro Quaresimale che a Teramo, e in provincia, ha dimostrato di essere l’unico che fa politica tra la gente, l’unico che ha i voti pesanti (3000 a Teramo). Allora perché manca l’unanimità? Ma neanche per fare il Papa serve l’unanimità del conclave. Allora? Perché? Su Paolo Gatti ho già espresso il mio pensiero. Lo conosco da tempo senza averci mai parlato. Alle mie agende nulla sfugge. Lui non lo ricorderà ma, nel  novembre 1992 organizzammo insieme un incontro – nei corridoio del liceo classico occupato… (lui guidava l’occupazione) –  contro la mafia, con il deputato Carmine Mancuso della Rete (figlio del poliziotto Lenin Mancuso massacrato con il giudice Terranova mentre lo scortava).  E’ intelligente Paolo Gatti? Si. Sarebbe un buon Sindaco? Si. Meglio di D’Alberto? Si. Ha più carisma e sa mischiare le carte meglio. E’ rampante. Rischia al limite dell’errore come dimostrano varie vicende,  dal passaggio alla Meloni con ritorno indietro al calcione nel sedere dato a Brucchi, per non dire dei suoi annunci di ritiro dalla politica, che iniziano nel 2014, e non sono mai stati veri. “Ammiscando  picca, strocchiuli e cinnirazzu”.  Ma ci sta. Saprebbe slalomeggiare tra gli uffici locali e regionali? Si perché è svelto assai, se gli interessa. Saprebbe imporsi ai dirigenti ? Si perché a comodo suo è parac…o assai, e se una cosa la vuole fare trova il modo. Si contornerebbe di una squadra migliore – quella che il sindaco Gianrobinson non ha mai voluto- ? Si , e non è difficile. E’ una persona competente e onesta ? Ad oggi dico si e nessuno può dire il contrario. Poi i vili, dietro le spalle, possono dire tutto e il contrario, restano dei vili su cui fa cassazione il nostro Dante….non ti curàr di lór . E questo vale anche per D’Alberto. Altra cosa che li accomuna è che sono entrambi gallettari e non accettano le naturali critiche che derivano dall’essere personaggi pubblici e non infallibili. Ma ci sta.

Ma c’è un “MA” grande come una casa. C’è un “MA” che Morra conosce bene. C’è un fatto ineludibile. Che Gatti conosce bene. Una locuzione evangelica che lo tormenta da anni: Nemo propheta in patria. E’ una delle poche frasi riportata nei Vangeli dai 4 evangelisti e attribuita a Gesù (in vari tempi e contesti) . Un ragazzo giovane, che piace alle donne,  ricco quanto basta, ma soprattutto di successo, da fastidio ai mediocri. Che sono la stragrande maggioranza. Non c’è niente da fare. E’ così e sempre sarà così.  E lui lo sa. Quando, nell’aprile 2018 scrivevo che Morra avrebbe vinto su D’Alberto se Gatti fosse stato in disparte, intendevo questo. Purtroppo avevo ragione. Le persone forti, carismatiche è vero che attirano simpatie e accendono passioni. Ma, è vero anche, che coalizzano l’invidia degli inginocchiati, di coloro che vivono in ginocchio. E sono tanti. E Paolo Tancredi, ancora Paolo Tancredi, che lo spinge con i suoi modi bruschi non lo aiuta. Può essere imposto a un tavolo, ma non a una città. E lui lo sa.

Allora cosa succederà… lo scrivo alla prossima puntata.