Papa Francesco, nella prima catechesi del 2022 su San Giuseppe, ha incentrato la sua riflessione sulla paternità putativa e l’istituto dell’adozione. Un problema molto serio ( più di 200 milioni di bambini abbandonati nel 2020 secondo l’Unicef) un “atteggiamento così generoso e bello” ma, diciamolo, #nuncenepòfregàdemeno. Citando la lettera apostolica “Patris corde”, il Pontefice ha ricordato l’importanza della “pietas”, la colpa dell’indifferenza, l’umanità che viene meno in tante occasioni, l’egoismo che prevale, e ha ricordato che “tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti”. Ma, diciamolo, #nuncenepòfregàdemeno.

Papa Francesco, nella prima catechesi del 2022, volgendo lo sguardo ai bambini del mondo che aspettano qualcuno che si prenda cura di loro ha ribadito che “non bisogna avere paura di scegliere la via dell’amore, di assumere il ‘rischio’ dell’accoglienza”. Ma serve anche che le istituzioni semplifichino l’iter per le adozioni  “perché possa realizzarsi il sogno di tanti piccoli che hanno bisogno di una famiglia, e di tanti sposi che scelgono l’amore”. Questo è quello che ha detto. Ma, diciamolo, dei concetti che esprime il Papa, pietà, solidarietà, fraternità, accoglienza, condivisione,  #nuncenepòfregàdemeno.

Osservando i fenomeni sociali di oggi, il Pontefice ha evidenziato “l’inverno demografico”.  Un dato statistico innegabile. “Tante coppie non hanno figli perché non vogliono. Ma hanno cani e i gatti, che occupano il posto dei figli. Questo rinnegare la paternità e la maternità ci toglie umanità. E così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità, perché si perde la ricchezza della paternità e della maternità, e soffre la Patria che non ha figli”. Oggi, dobbiamo stare attenti a non identificare la pietà con quel pietismo, piuttosto diffuso, che è solo un’emozione superficiale e offende la dignità dell’altro. La pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali. Tradotto: “Accade che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli“.

Ricordiamo a chi commenta e sparla su argomenti che ignora che per Gesù provare pietà equivale a condividere la tristezza di chi incontra, ma nello stesso tempo a operare in prima persona per trasformarla in gioia. Tradotto: poche chiacchiere e facciamo i fatti. Da qui l’esortazione del Papa: “Anche noi siamo chiamati a coltivare in noi atteggiamenti di pietà davanti a tante situazioni della vita, scuotendoci di dosso l’indifferenza che impedisce di riconoscere le esigenze dei fratelli“.  Ma da questo orecchio, diciamolo, #nuncesentiamobene.

Se si tratta di sparlà del Papa tutti bravi, ma aiutare chi è in difficoltà tutti bravi solo a parlà. Ancora una volta le parole di Francesco sono state strumentalizzate per vendere qualche copia in più senza leggere ne comprendere il valore del messaggio di Francesco. Addirittura qualche “dotto de noantri” ha richiamato San Francesco. Ignorando, da ignorante, che il cuore dell’insegnamento del “Poverello che donò tutto”, che scelse la pietà,  è incentrato sull’uomo sulle scelte di vità a servizio di esso. E solo dopo ci sono gli animali e l’ambiente, il creato. La verità a mio avviso è che ci  crea imbarazzo e molto fastidio il fatto che qualcuno abbia il coraggio di sbatterci in faccia il fatto che, infatti, a volte si provi compassione verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli.  C’è una priorità di valori.  Il Papa – che ha parlato tante volte sugli animali ed il primo ad aver concesso a degli animali di entrare in San Pietro  nel silenzio e l’indifferenza dei più – mai ha messso in contrapposizione animali e persone, ma ha focalizzato attentamente, e con il suo stile, i valori dell’esistenza umana e tra questi, per dirla con un padre della Chiesa “l’uomo vivente è la gloria di Dio”.

La logica della uguaglianza tra uomini e animali appartiene al paganesimo animalista, che a volte sostiene anche  termini invertiti: prima gli animali e poi, semmai, gli uomini, ma solo in funzione degli animali che vanno accuditi e foraggiati dagli uomini asserviti a questo scopo.  Ovvio che questa era l’occasione per scatenare la propria rabbia contro chi  invece crede e proclama la centralità dell’uomo nell’Universo che deriva tutta l’armonia del Creato, e in questa armonia tutte le cose (e gli animali) sono valorizzate, protette e nobilitate. Chi disprezza le persone e dice che sono peggiori gli esseri umani degli animali non è solo un non credente, un poveretto male, molto male informato.  Secondo me, se è vero che si devono benedire tutte quelle persone che fanno del bene agli animali è ancora più vero che  il cristiano deve custodire il creato, come disse Dio ad Adamo (Genesi 2, 15). Le persone che si prendono cura degli animali collaborano con il Creatore nel preservare il mondo in cui esseri umani e animali devono convivere pacificamente secondo la volontà stessa di Dio.