Alle prime luci dell’alba di quell’orribile martedì 9 maggio, otto ore prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro , il conducente del diretto Trapani-Palermo che sta per giungere alla stazione di Cinisi-Terrasini sente uno strano sussulto sotto il locomotore , e ferma il convoglio. Scende e si accorge che in quel tratto di ferrovia che attraversa la campagna, per circa un metro le rotaie sono divelte dalle traversine. Il treno ha rischiato di deragliare. Il macchinista chiama i carabinieri che, perlustrano la zona, notano sopra quei binari,  sparsi tutt’intorno fino a una distanza di trecento metri, minuti brandelli di un corpo umano. Qualcuno all’una e mezza di notte è saltato in aria per una bomba (cinque chili di tritolo, si scoprirà più tardi) ma nessuno, nelle vicinanze, ha sentito niente. I poveri resti vengono raccolti e portati via dagli investigatori dentro otto sacchetti di plastica. Ma delle chiavi, un portafogli, una agenda e una penna sono depositati su una pietra. Intatti. Poco più in la. Intatti. Sarà facile scoprire dopo poche che quell’agenda intatta e quel corpo dilaniato appartengono a  Giuseppe Impastato detto Peppino, giornalista e conduttore di Radio Aut, emittente di Cinisi. Il paese in cui abita il boss di Cosa Nostra, don Tano Badalamenti, che dopo molti anni risulterà direttamente coinvolto nell’inchiesta giudiziaria, oltre che sul traffico di droga tra la Sicilia e l’America denominata “Pizza connection” . Uno che ai microfoni di radio Aut, nella sua trasmissione ‘Onda Pazza’, non va tanto per il sottile nei confronti dei potenti, denunciando con sferzante ironia gli sporchi affari dei mafiosi siciliani e dei politici locali, che ritiene collusi. e il fratello Giovanni , certi sin dall’inizio che si trattasse invece di un omicidio di matrice mafiosa. Qualche breve articolo e poi, del “’caso Impastato” non si parlò più. L’assassinio dell’onorevole Moro e la cronaca delle indagini sull’affannosa ricerca dei suoi aguzzini, infatti, occuparono per diverse settimane ancora pagine e pagine di giornali e i notiziari Tv. La figura dell’attivista riemerse con gran clamore grazie a un film del 2000 di Marco Tullio Giordana, “I Cento Passi” che sollecitò di fatto una attenzione, che fece riaprire il caso e associare al delitto lo stampo mafioso., con il fratello e un gruppo di amici.

“I cento passi …ancora da compiere “ sarà il tema del dibattito che si svolgerà questa mattina alle ore 10,00 nella villa comunale di  Chieti . La proiezione del film “I cento passi” – vista la chiusura della multisala Movieland  dove era prevista – si svolgerà presso l’università di Chieti il giorno 23 maggio nell’ambito delle iniziative  per il XXX anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio. 

Sempre in quest’ambito il 30 MAGGIO  alle ore 10,00 sarà  esposta  a Chieti in piazza Giambattista Vico – Corso Marrucino , la “Quarto Savona 15” . 

Peppino Impastato  – che  sberleffò più volte i “potenti” i “borghesi” – nei suoi interventi alla radio Aut rappresenta un simbolo della Sicilia onesta che ha combattuto, e deve continuare a combattere la criminalità mafiosa e il malaffare. Una figura che per i giovani costituisce un esempio di denuncia e di coraggio. Le sue scelte di coerenza, le sue denunce da una piccola radio, i suoi 100 passi di sfida davanti al Paese muto, il suo coraggio portato all’estremo, il mistero dei depistaggi in un quadro fosco di misteri che avvolgono l’Italia di quegli anni, evidentemente ancora affascinano, soprattutto  le giovani generazioni. E mi sembra proprio un bel segno.