TERAMO – La Camera del Lavoro di Teramo tra qualche giorno ricorderà Luigi Di Paolantonio a cento anni dalla nascita. Sindacalista capace e combattivo, uomo politico intelligente e preparato, Tom era amato dai lavoratori, i quali con dovizia di consensi lo elessero al consiglio comunale di Teramo e al consiglio provinciale. In quei consessi svolse un ruolo rilevante.

Il popolo abruzzese lo elesse due volte deputato e una volta senatore. Nelle aule parlamentari seppe portare la voce e le istanze degli operai, dei contadini e dei più bisognevoli di aiuto. Tom si iscrisse al partito comunista nel 1943. Fece subito la scelta del “rivoluzionario di professione”. I funzionari del partito erano mal retribuiti e conducevano perciò una vita grama, di stenti, di sacrifici. Spesso erano autodidatti che erano riusciti attraverso lo studio duro a raggiungere una preparazione politica e culturale di ottimo livello.

Dopo l’8 settembre, Tom si distinse nella battaglia di porta San Paolo contro i nazisti invasori. Partecipò poi attivamente alla lotta partigiana a Teramo. Fu arrestato ed evase. Divenne quindi commissario politico delle Brigate partigiane operanti fra Teramo ed Ascoli Piceno. Dopo la fine della guerra, diresse la camera del lavoro di Chieti, di Pescara, di Teramo. Fu tra gli artefici della politica unitaria dei sindacati e delle forze di progresso che decise la vittoria popolare della battaglia per il lavoro nella Val Vomano, che determinò la sconfitta del principe Torlonia nel Fucino e la resa dei Barba e dei Sorricchio nelle campagne del teramano. Pietre miliari, queste, della lotta dura e aspra per il riscatto della gente d’Abruzzo.

Tom fu anche uno dei costruttori del partito comunista regionale. La sua presenza nel partito segnò il punto di inizio di un lungo e difficile lavoro politico. Fu l’ispiratore di questo processo, riuscendo con tenacia e sacrificio a promuovere l’incontro fra componenti popolari che la borghesia e il fascismo avevano scisso e posto in antagonismo, le une contro le altre.

A ricordare il Tom negli anni dello scelbismo, dopo il 18 aprile e dopo l’attentato a Togliatti, si evidenzia il salto di qualità politico che egli contribuì a far compiere al movimento abruzzese, trascinato dalla sua parola a sentirsi forte, protagonista e responsabile di fronte alla tracotanza dei padroni. Visse da protagonista tutte le battaglie contadine, del movimento operaio e studentesco di quel periodo storico faticoso, ma esaltante.

Erano gli anni delle lotte alla Monti, alla Sadam, alla Veco di Martinsicuro, alla Siderman, nei cantieri edili; gli anni della contestazione giovanile, che anche nella nostra provincia segnarono un profondo cambiamento nei rapporti tra Stato e cittadino. Fu un inflessibile difensore della Costituzione Repubblicana e uno strenuo combattente contro le minacce di guerra per affermare sempre più i valori della pace nel mondo. Fu al fianco dei risaioli vietnamiti, dei democratici del Laos e della Cambogia. Era quello il periodo in cui il lavoro di partito e l’impegno nel sindacato – pur rimanendo autonomi – erano un tutt’uno. Gli scioperi e le manifestazioni di piazza si susseguivano a ritmo frenetico e costarono denunce, processi e condanne a tanti dirigenti democratici. E Tom era tra quelli.

La ragione – si sa – si nutre di fede e anche di utopie, ma soprattutto di concretezza. E questo Tom lo comprese subito. Sapeva che l’azione sindacale porta a dei compromessi, ma aveva sempre una percezione precisa delle posizioni che esigevano invece una intransigenza assoluta. La sua duttilità, la sua disponibilità politica ed umana al dialogo, a capire le ragioni degli altri non era mai arrendevolezza. Il suo modo di agire coincideva sempre con una concezione moderna del sindacato.

Il suo ruolo di capopopolo fu naturale, non imposto. La sua fama fu autentica. Usciva dal mondo operaio e contadino, sfociava nel rispetto che alla sua figura tributavano uomini di diversa fede politica, che apprezzavano la sua lealtà, la sua onestà intellettuale, il suo straordinario coraggio.

Tom amava i giovani dei quali sapeva interpretare le esigenze, i bisogni, le aspirazioni. Con loro riusciva a costruire un rapporto affascinante, che infondeva nell’animo dei ragazzi i principi di democrazia e di libertà, che avevano ispirato quel moto impetuoso rappresentato dalla Resistenza e dalla Lotta di Liberazione. Per questo, siamo in molti oggi ad essere debitori nei suoi confronti. Non solo i dirigenti sindacali e politici che combatterono al suo fianco, non solo i giovani che lo conobbero, lo ascoltarono e appresero da lui il rigore del metodo e la passione rivoluzionaria. A lui devono qualcosa tutti coloro che si sono battuti e continuano a battersi contro i nemici della democrazia e della libertà che ancora oggi agiscono minacciosi in Italia e in Europa. Non dimentichiamolo! Pochi mesi fa i nazifascisti hanno incendiato e devastato la sede della Cgil a Roma. Un fatto ignobile condannato giustamente da tutti i democratici del nostro Paese.

Molti anni sono passati da quei tempi, ma i riflessi di quel potente avvio restano come presenza politica indistruttibile. Tom è stato uno dei figli migliori del nostro Abruzzo. La sua oratoria era moderna ed efficacissima. Ai suoi comizi accorrevano masse immense di iscritti, di simpatizzanti e di gente comune. Quando conobbi Tom, ero poco più di un ragazzo. Ero iscritto da pochi anni alla Federazione Giovanile Comunista. Sentii subito un grande affetto per lui per quelle doti umane e culturali che ne facevano una guida sicura e di grande prestigio. Fu lui, insieme al compianto Claudio Ferrucci, a spingermi a frequentare un corso di studi presso l’istituto Anselmo Marabini di Bologna. La lezione di vita di Tom, la sua opera e il suo impegno ci hanno guidati in tutti questi anni nella costruzione faticosa di una società nella quale davvero si affermino il diritto al lavoro e quei principi di democrazia e di libertà, di giustizia e di pace ai quali egli dedicò la sua esistenza.

Oggi, per molti di noi che gli hanno voluto bene, riandare col pensiero all’opera sua è pure un modo per ripensare alla nostra vita, per cercare di capire se siamo anche noi riusciti a restare fedeli ad alcuni di quei principi che pochi, come Tom, avevano dimostrato come potessero essere vissuti. Tom scomparve nel gennaio 1976, a soli 55 anni, nel pieno della sua passione politica. Il vuoto lasciato fu grande. A lui furono tributati onori eccezionali. Il suo funerale fu imponente. Una manifestazione di popolo vera, spontanea, carica di affetto che coinvolse uomini e donne di ogni età e condizione. Tom ci ha lasciato un prezioso patrimonio politico, etico e morale che noi abbiamo custodito gelosamente e che continuiamo ad indicare alle nuove generazioni perchè su di esso costruiscano il loro domani.