TERAMO – Il 2 agosto 2020 ricorre il 40^ della orrenda strage di Bologna: un ordigno esplose alle ore 10:25 all’interno della stazione, devastandola. Uccise 85 persone (41 uomini, 38 donne, 3 ragazzi e 3 bambini) e ne ferì 200.

Erano persone ignare che dovevano, per la maggior parte dei casi, partire per la località di villeggiatura. Si disse, da subito, che si trattava di una “strage nera”, una strage di quel terrorismo nostalgico-fascista che aveva accompagnato l’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale, velato e occulto sotto quel potere politico che mai ne aveva voluto trovare le radici. Il golpe Borghese, il Piano Solo, etc…

Quella strage, sicuramente la più pesante per il nostro Paese, oggi, a prove di magistrati inquirenti, ha un mandante: Licio Gelli, il gran maestro della Loggia Massonica Propaganda Due – La P2 – che, dietro pagamento di un milione di dollari ai N.A.R. – Nuclei Armati Rivoluzionari -, nelle persone di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, fece collocare l’ordigno.

Una strage devastante che ha delle caratteristiche del tutto diverse da quelle ordite negli anni ’70, quasi tutte ispirate a dei golpe stile sud americano e per togliere di mezzo il Partito Comunista Italiano. Quelle anni ’80 erano piu’ che altro di destabilizzazione, cercando di creare la delegittimazione del partito e dei comunisti dall’opinione pubblica, quindi per arrestarne la forza, l’avanzare delle battaglie di progresso nel Paese della classe lavoratrice e non solo.

Prima di quel 2 agosto dell’80, nei mesi che avevano preceduto il triste evento, c’era stata una politica caotica: si era celebrato un congresso democristiano dove aveva vinto la linea “ad escludendum” comunista, favorendo la collaborazione attiva con i socialisti di Craxi, i repubblicani, i socialdemocratici: tale linea fu denominata del “preambolo”. Si formò un governo di riferimento con F. Cossiga Presidente del Consiglio e che vide il ritorno di ministri socialisti, dopo ben cinque anni di assenza, in un esecutivo a guida democristiana. Quel governo venne colpito gravemente dalla oscura vicenda del figlio del ministro Carlo Donat Cattin, Marco, indicato dal terrorista Sandalo come componente di “Prima Linea”, un’organizzazione anch’essa terroristica. La vicenda registrerà incontri segreti tra i vari esponenti di quel governo e lo stesso brigatista Sandalo.

Il 7 maggio 1980 il fatto diventa pubblico per il titolo del giornale di sinistra “Paese Sera”: quell’anno, nei suoi primi cinque mesi, si manifesta in tutta la sua violenza terroristca: 28 assassinati – uno ogni cinque giorni – e 20 feriti. Tra di essi vittime eccellenti come: Vittorio Bachelet – vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura – Walter Tobagi – presidente associazione lombarda dei giornalisti – e tanti altri. Dall’altra Enrico Berlinguer era sempre piu’ deciso, con il suo P.C.I., a nulla sottacere, neanche per amicizia o per favoritismi di sorta: mai fornire salvacondotti a chi lo avrebbe chiesto, anzi…

Berlinguer, a beneficio delle Istituzioni, puntava ad arrivare a confronti serrati tra i vari Cossiga, Donat Cattin e Sandalo per capire la verità… e fu la sua ultima e chiara posizione sulla oscura vicenda Marco Donat Cattin che non poteva essere accettata dalla maggioranza di governo, la quale, in commissione inquirente, con 11 voti favorevoli (a 9) la archiviò. Tale atto non scoraggio’ il segretario comunista che annunciò una raccolta di firme per la riapertura del caso in aula, a Camere Unite. Per illustrare ancora meglio la tempra politica di Berlinguer, ad Andreotti, che gli rimproverava di non aver avuto nessuna considerazione di suo cugino Francesco Cossiga, che gli aveva chiesto di evitare uno scandalo politico ad un ministro di primo piano (Carlo Donat Cattin – ndr), rispose: “Con i parenti si mangia l’agnello, non si fa politica“.

Alle elezioni Amministrative dell’80, il P.C.I. aumentò i consensi rispetto alle politiche del ’79, attestandosi al 31,1% (? 0,7%), meno delle Amministrative del ’75, quando raggiunse il 33,4%. Il Partito, con la sua forza, conservò le più grandi e significative città italiane, oscurando la Democrazia Cristiana e destinandola ad una eterna e continua decrescita di percentuali: in quell’anno registrò il minimo storico, il 35,2%: tutto ciò, a Licio Gelli, non poteva di certo far piacere o non preoccuparlo… anzi! – Mario Ferzetti