Le elezioni sono passate. Tutto come previsto. Il 35% è restato a casa. Qualche scossone. Qualche sorpresa. Ma resta un fatto: si avverte una mancanza di fiducia, che è il vero problema da risolvere. Ecco, io penso che dobbiamo partire da questo per costruire un futuro migliore per la nostra democrazia. I cittadini non si sentono coinvolti, non vengono invitati a partecipare a un percorso comune e finiscono con l’avvertire la politica molto distante. Una cosa d’altri, che appartiene a nessuno. C’è poca fiducia, ed è un tema centrale, nella classe dirigente, anch’essa percepita come lontana dai veri bisogni delle persone, specialmente in giorni molto complicati come quelli che stiamo vivendo. La politica, generalmente, non parla più al cuore e alla testa e camuffa, con l’alibi del bene comune, i propri interessi personali. Si avverte e si tocca con mano l’assenza di prospettive, in mezzo a tanto blaterare e sciorinare intenzioni che non approdano a nulla. I giovani, alla fine, sono quelli che stanno peggio, che vivono male e che sperimentano il dolore del distacco quando, per mancanza di occasioni, sono costretti a lasciare la propria casa per cercare qualcosa. Qualunque cosa, altrove.
Come ho già scritto – prima del voto – la Meloni ha vinto perchè, bene o male, con le sue parole, ha mostrato un orizzonte più credibile, un progetto migliore. Che poi si realizzi e in che modo, è una questione diversa. Sono politici che più spesso si rivolgono ai bisogni e prospettano una opportunità di soluzione a cui la gente, con disperazione, si aggrappa. Lo smarrimento conduce ad aggrapparsi a ogni appiglio – Renzi, Grillo, Salvini – ed è comprensibile che sia così. Ma noi non siamo estranei a tutto questo. A tutti noi cittadini sono richieste responsabilità e impegno con l’intento di ricreare un clima di fiducia in tutto il Paese. Si tratta di costruire un futuro di speranza, prima che sia troppo tardi. I cattolici più degli altri devono sentirsi coinvolti in prima persona nella politica, secondo la sua dimensione più nobile. Non possono bastare generiche dichiarazioni di principio. Devono esserci, per riformare il sistema, schierati con chi propone i valori della solidarietà, onestà e dell’umanità, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità. Non è mai il tempo di stare a guardare. Adesso lo è ancora di meno.
Giorgia Meloni ha una grande responsabilità. E deve dare – come chiunque sia chiamato a rivestire quel ruolo – dignità alla politica e quindi saper affrontare nella maniera più alta le grandi sfide che ci attendono, nella difesa dell’interesse nazionale ed europeo, che è poi la vera domanda dell’elettorato. Forse anche l’astensionismo, sintomo di un disagio che non può essere archiviato con superficialità e che deve invece essere ascoltato, alla fine è una richiesta, sia pure in negativo, di una politica che torni a essere attraente e sappia trovare le risposte.