Le ultime dichiarazioni di Liliana Segre sono ancora più sconfortate di quelle di qualche mese fa. E devo dire che sono d’accordo con lei quando prevede che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà “una riga sui libri di storia e poi più neanche quella”.  Ha ragione, ci sarà l’oblio. Sono parole lapidarie, che non lasciano spazio ad ottimismo alcuno quelle espresse dalla senatrice a vita . Una degli ultimi sopravvissuti agli orrori dell’Olocausto . Ha ragione, ci sarà l’oblio. La gente, e molte scuole, già da anni, dice basta con questi ebrei, “….è una cosa noiosa, la sappiamo, basta parlarne…”, afferma la Segre  in quello che può essere considerato un ultimo accorato appello a non lasciarsi avvolgere dalla nebbia dell’oblio, dell’indifferenza o, ancor peggio, della negazione: Siamo arrivati  a sentire che si nega addirittura che il 27 gennaio 1942,  l’arrivo ad Auschwitz, svelò al mondo l’atrocità e l’orrore della Shoah: lo sterminio degli ebrei.

Per ricordare quei tragici fatti perpetrati, le persecuzioni, le leggi razziali e la deportazione nei campi subita da milioni di persone (non solo gli ebrei,  ma zingari, omosessuali, portatori di handicap, oppositori politici..), dal 2000, l’Italia ha istituito il “Giorno della Memoria”, in cui “nelle scuole di ogni ordine e grado, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare su quanto è accaduto” in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese, e affinché simili eventi non possano mai più accadere. Dimentichiamo – ma solo per un attimo – i muri che si sono alzati in questi anni, il muro che imprigiona la Palestina, i campi di sterminio jugoslavi, i lager turchi, i fili spinati dell’est europa contro chi fugge dalla Ucraina, Siria e Afganistan.

In Italia ancora ieri episodi di discriminazione violenta. Ancora ragazzi protagonisti negativi di bullismo a sfondo razzista. E’ chiaro che “la memoria” è sommersa e soffocata da un continuo brusio di fondo che prende forma definita in una domanda ricorrente, una domanda appesantita da un sottotesto di ostilità .  Girando nelle scuole  è subito chiaro che il ricordo della Shoah è confuso. Pochi sanno che riguarda il cuore dell’Europa. Riguarda l’abisso nel quale è sprofondata l’umanità. Riguarda la facilità di manipolazione delle masse. Riguarda la perdita della coscienza individuale nell’ubriacatura collettiva. Riguarda la distinzione tra il Bene e il Male. Riguarda tutti, in ogni luogo e in ogni epoca

Ma al di là delle notizie che quotidianamente ci arrivano di episodi di odio e violenza i dati confermano quello che speravamo potesse rimanere solo sul piano del dubbio, una ricerca di Euromedia del dicembre 2021 riporta che l’2,8% degli italiani ritiene che la Shoah sia una leggenda, il 14,5% crede che durante la Shoah non siano morti 6 milioni di ebrei, il 49% è convinto che il settore economico- finanziario sia controllato totalmente dagli ebrei. Davanti a questi dati appare chiaro che abbiamo sottovalutato la portata della crescente ondata antisemita: è urgente avviare una riflessione profonda sulle azioni da intraprendere per fermarla, partendo dall’educazione nelle scuole e dalla cultura. Ricordiamo che “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima; il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato”.

Ricordare cosa è accaduto dietro i cancelli di Auschwitz, alimentare una lettura critica della storia attraverso una scuola partecipe e attiva, farsi portatori nel quotidiano di un messaggio di inclusione e di ascolto: tutto questo è sempre più indispensabile e non può limitarsi a una singola celebrazione, ma deve accompagnare il quotidiano. La Memoria deve diventare parte di un più ampio dialogo interculturale fatto di conoscenza, scambio e interazione. Il mondo della cultura- nella sua alta accezione di guida della società- deve essere nel cuore della lotta all’antisemitismo deve “prendere parte” e non restare silente davanti ai segnali, anche all’apparenza di poco conto, di odio e antisemitismo. Una cultura capace di testimonianza e parola perché, tornando a citare Wiesel, “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima; il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato”.

Queste parole mi ricordano quanto scriveva Antonio Gramsci su La città futura l’11 febbraio 1917. Un testo attuale ancora oggi, soprattutto oggi. “Odio gli indifferenti. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?”

Odio gli indifferenti