Farsi riconoscere e venire allo scoperto non è un appello soltanto per i credenti, ma per tutti, purché, però, la richiesta di riconoscimento non avvenga dopo aver indossato una sorta di maglia o di casacca sportiva, come in occasione di una gara o di una partita. Sui temi sociali ed etici l’unica casacca ammessa non domanda previamente il “patentino” di laico o cattolico che sia, ma il riconoscimento e la condivisione quindi LA SCELTA  di qualcosa che viene prima delle stesse determinazioni di area e perfino delle appartenenze di gruppo: la dignità della persona umana. In questo senso, se potius quam iuris, persona est nomen theologiae, il richiamo al “riconoscimento” di idealità non può essere strumentale a questa  tornata elettorale  del 25 settembre che – purtroppo- , presumibilmente e pessimisticamente, non consentirà di governare il Paese, bensì al radicale cambiamento del modo di vivere e di stare al mondo, si spera assai diversamente, negli ambiti della vita sociale, etica e politica dell’Italia. Ritornare alla centralità della persona e della soggettività umana è un impegno che non ha colore.ò che oggi manca non è certo la visibilità politica dei cattolici, ma la rilevanza del cattolicesimo per la politica. All’appello fatto all’associazionismo cattolico dal Cardinale Zuppi, a “rimettersi in gioco” in modo pienamente politico non mi voglio sottrarre. In primo luogo per la straordinaria gravità delle condizioni del nostro Paese. Per la interconnessione con le profonde difficoltà che attraversano l’Italia in Europa e nella società globale. Ma anche per la gravità dello stato della politica: uno stato di delegittimazione così pesante come mai si era verificato prima.

E’ una questione identitaria, perchè le radici dell’identità italiana ed europea affondano nei princìpi e nei valori della cristianità; e, proprio per questo, chi più dei cattolici può essere credibile nell’assumere una linea identitaria forte e determinata, ma equilibrata e solidale nello sconvolgimento economico, e l’impoverimento di massa, determinati da una globalizzazione selvaggia? Ma tutto ciò diventa possibile solo a patto di esprimere una proposta politicamente rilevante, forte, capace di tornare a connettere interessi e valori e di riportare in politica una parola di verità; anche con il coraggio di una profonda autocritica. Tre sono le questioni, a mio avviso, con le quali  un cittadino cattolico deve misurarsi nell’andare a votare questo 25 settembre: l’Italia che vogliamo; l’economia che vogliamo; i valori che vogliamo promuovere e/o difendere.

Per quanto riguarda l’Italia è chiaro che per noi cattolici non può essere subalterna a una cultura elitaria, tecnocratica, che si basa solo  sulla quadratura dei conti in banca, o  sulla ricerca di un driver di sviluppo che sfrutta  gli uomini, senza voler minimamente mettere in discussione il modello generale di sviluppo e gli stili di vita tardo-industriali. Il vero nodo etico-sociale e bioetico non può essere disconosciuto. E‘ questa una esigenza di “riconoscibilità” che ora viene chiesta ai laici cattolici, particolarmente nel momento della produzione di leggi riguardanti valori sociali e valori bioetici i quali  stanno insieme, quindi sono altrettanto “divisivi”  sul terreno etico-sociale solidaristico. Umano. Deve essere un paese che riscopre le sue radici popolari, solidale, democratica vicina ai cittadini che debbono potervisi riconoscere come “patria”.

Centrale è anche la questione dell’economia. La globalizzazione e l’egemonia della finanza sull’economia reale hanno sconvolto gli assetti sociali; marginalizzato il lavoro rendendolo una variabile dipendente dal profitto; avviato lo smantellamento del Welfare; determinato una inaccettabile lievitazione della disoccupazione, soprattutto giovanile; impoverito le classi medie e ridotto alla miseria i ceti più deboli; creato sacche di vera povertà che ormai, anche in Italia, coinvolgono milioni di famiglie. Tutto ciò mentre si approfondiscono le diseguaglianze, aumenta la concentrazione della ricchezza e si è bloccato ogni ascensore sociale. Una situazione che nell’andare a votare dobbiamo affrontare con coraggio. Le proposte in campo sono chiare, i modelli proposti sono chiari. Occorre scegliere.

Altrettanto impegno deve essere posto sulla questione dei valori da promuover e/o difendere e del radicamento nel territorio e nella riscoperta delle radici cattoliche e popolari. Deve esser ben chiaro che una democrazia sradicata dal territorio, dai suoi valori e dai suoi corpi intermedi – come quella imposta in questi anni nel nostro Paese – diventa presto una democrazia senz’anima e, alla fine, una “non democrazia”. La democrazia virtuale e mediatica non esiste. Va ricreato il rapporto vitale tra politica, istituzioni, territorio e popolo. Anche in questo l’apporto del cattolicesimo politico è determinante. Occorre il coraggio di ascoltare, di ascoltarci, e di andare avanti. Non possiamo esimerci come cattolici di fare delle proposte, di farci carico delle nostre responsabilità e indicare un percorso dal quale partire: non una traccia astratta, ma impegni concreti sui temi sensibili, perché è nelle sfide della realtà di tutti i giorni che si gioca la possibilità di camminare insieme.