La fontanella davanti casa perde un goccio d’acqua. Valdo bisogna intervenire mannaggia! Poi se una porzione di Amazzonia più grande dell’intera europa è andata a fuoco per gli interessi delle multinazionali della carne ma chissenefrega.

Il monopattino sta fuori posto e mi mette nervoso, e potrebbe investirmi. Verna che stai a fare, bisogna intervenire mannaggiacrimmic! Le biciclette possono farlo, le moto tutto a posto, le macchine pure dentro le scuole e gli uffici vanno bene, le strade con buche vanno bene,  ma i monopattini no, troppo moderni, io non li uso dunque sono da eliminare.

La strada è stretta, la curva è stretta, la rotonda è stretta, i lavori sono lenti ma che non lo vedete, io sono meglio di un ingegnere, non lo vedete. Cavallààà bisogna intervenire  mannaggiammosenevà, Cavallààà che sti cumbinì. Non lo hai capito che se non va bene a me non deve andare bene a nessuno.

Verrà il momento di parlare di questa amministrazione guidata dal partito “PeC” Panem et circenses, dei suoi sprechi e delle zozzerie. E ne racconterò di cose interessanti. Ma non ora.  Ora è il tempo del lutto. Per un povero illuso che è morto invano. Perché mentre trionfa “Amici”, inizia “L’isola dei troioni”, si annuncia “La fattoria dei tossici”, si compie forse il giorno più nero della storia recente del nostro Paese. Un signore che parla a nome del popolo italiano ha sentenziato che trattare con Cosa Nostra, per lo Stato italiano, non è reato. Cercare (e ottenere) il dialogo con i boss stragisti responsabili di oltre 2000 morti solo in Sicilia, oltre che delle morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, per lo Stato italiano, non è reato. Abbassare la testa di fronte al ricatto mafioso, veicolato a suon di bombe che nel giro di pochi mesi hanno provocato la morte di decine di civili per lo Stato italiano, non è reato.

Alessandro Di Battista ha –provocatoriamente – scritto che  Paolo Borsellino “è stato un fesso”, avrebbe potuto  cercare un canale, un colloquio, un intermediario. Oggi sarebbe vivo e avrebbe fatto carriera in magistratura. Forse sarebbe senatore. Ma lui, da fesso, si oppose a trattare con chi gli aveva appena fatto a pezzi l’amico della vita e anche per questo è saltato in aria.  “Mio fratello è morto invano” ha detto Salvatore Borsellino. 

Evidentemente i pezzi grossi del ROS (Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri) che evitarono di perquisire il covo di Riina dopo il suo arresto furono solo negligenti. Una fatalità, una tragica dimenticanza. Così come un tragico errore fu la mancata cattura, nel 1995, di Bernardo Provenzano.

A volte l’Italia di quegli anni viene descritta come la Colombia dei narcos. Sbagliato. Il 22 luglio del 1992, tre giorni dopo la strage di via d’Amelio. Con una sola differenza. In Colombia fu Escobar a cercare le istituzioni, in Italia avvenne il contrario. Ma non è reato. Che fesso Borsellino ad opporsi alla trattativa. Una trattativa reale, dimostrata, mai negata, raccontata per filo e per segno da pentiti stra-credibili. Una trattativa, però, che non costituisce reato. O meglio, a quanto pare, trattare con lo Stato è reato, farlo con la mafia no. Bella considerazione che lo Stato ha di se stesso.

Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, scusateci. Scusateci, per l’ennesima volta. Questo Paese culturalmente e politicamente martoriato non meritava, e non merita il vostro coraggio e, forse, non lo meriterà mai.