WWF Abruzzo, lettera aperta a Marsilio:"Azioni concrete e non buoni propositi per il 2026"

L'Associazione lancia un appello forte e chiaro nella conferenza stampa di fine anno: 4 gli ambiti ritenuti prioritari

2025-12-29T11:28:00+01:00 - La Redazione

WWF Abruzzo, lettera aperta a Marsilio:"Azioni concrete e non buoni propositi per il 2026"

PESCARA - A fine 2025 il WWF Abruzzo lancia un appello forte e chiaro a favore della natura. Sui principali temi legati alla conservazione e alla tutela del territorio, l’Associazione chiede maggiore attenzione, più cura e un impegno concreto: l’Abruzzo è infatti una delle regioni italiane con il più alto livello di biodiversità, un patrimonio il cui valore sembra oggi non essere pienamente riconosciuto.

Presentata questa mattina in conferenza stampa, a Pescara, una lettera aperta rivolta al governo regionale e in particolare al presidente Marco Marsilio con l’obiettivo di riportare la tutela della natura e dell’ambiente al centro dell’agenda politica regionale.

“Il documento del WWF Abruzzo è una richiesta di confronto che si sviluppa attraverso l’analisi di alcune delle questioni più rilevanti affrontate dall’Associazione - spiega Filomena Ricci, delegata regionale del WWF Abruzzo -. Non è una lista di buoni propositi per il nuovo anno, ma un insieme di proposte concrete e attuabili. Ci auguriamo che il presidente Marsilio voglia accogliere questo invito al dialogo. Dobbiamo infatti segnalare come da quando si è insediato, ormai più di sei anni fa, il Presidente Marsilio non ha mai incontrato le associazioni ambientaliste per un confronto generale sulle tematiche ambientali: ci siamo scontrati nelle aule di tribunale e sulla stampa, ma è sempre mancato – e non per responsabilità nostra – una fase di discussione che avrebbe potuto facilitare l’individuazione di soluzioni condivise”.

In particolare, il WWF Abruzzo concentra l’attenzione su quattro ambiti ritenuti prioritari, proponendo, dopo un inquadramento generale, una serie di azioni e misure sulle quali avviare un confronto concreto.

Aree protette - L’Abruzzo dispone di un sistema di aree naturali protette particolarmente esteso e articolato, che comprende il Parco Regionale del Sirente Velino, 25 riserve naturali regionali e 5 parchi territoriali attrezzati. Questa rete è distribuita sull’intero territorio regionale ed è in larga parte collegata ai principali parchi nazionali — il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco Nazionale della Maiella e il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga — oltre all’Area Marina Protetta Torre del Cerrano. Questo patrimonio ha reso la regione una delle più tutelate d’Italia e ha sostenuto negli anni Novanta il modello dell’“Abruzzo regione verde d’Europa”. Nel tempo, però, tale modello si è indebolito a causa di scelte di sviluppo poco sostenibili, della riduzione delle risorse e della mancanza di una strategia complessiva e di coordinamento tra le aree protette regionali.

Nel 2025 si è assistito alla conferma della drastica riduzione della Riserva del Borsacchio, di fatto quasi azzerata: il perimetro è passato da oltre mille ettari a poco più di 24. L’ultimo Consiglio regionale ha ribadito questa delimitazione ridotta, definita “provvisoria”, senza introdurre elementi di revisione o rilancio né procedere con l’approvazione del Piano di Assetto Naturalistico.
Le riserve naturali regionali hanno subito un significativo taglio delle risorse finanziarie, solo parzialmente compensato a fine anno. Grave poi che i fondi vengano effettivamente assegnati alle riserve a fine anno e non all’inizio, rendendo così quasi impossibile una pianificazione efficace. Al di là degli aspetti economici, emerge soprattutto l’assenza di una visione complessiva: manca una strategia di gestione coordinata, un progetto di riorganizzazione e valorizzazione del sistema delle riserve, la certezza di fondi adeguati che permetta una programmazione di lungo periodo e la stabilizzazione del personale.
La situazione del Parco della Costa Teatina appare ancora più paradossale. A seguito del ricorso presentato da WWF Italia, il TAR Abruzzo – Sezione di Pescara ha imposto alla Regione Abruzzo la trasmissione di una relazione dettagliata, fissando al 16 marzo 2026 una nuova camera di consiglio per la decisione finale. In questo contesto, l’emendamento alla legge di bilancio nazionale 2026 presentato dal senatore Etel Sigismondi di Fratelli d’Italia si configura come l’ennesimo tentativo di ostacolare l’istituzione del Parco, anziché contribuire a una soluzione definitiva e coerente con gli obiettivi di tutela ambientale.

Serve, dunque, un rilancio forte delle aree protette abruzzesi garantendo finanziamenti certi e programmati, livelli minimi di qualità gestionale, coordinamento tra enti gestori, stabilizzazione e qualificazione del personale.

Strategia e rilancio delle aree protette
Serve una vera e propria Strategia regionale sulle aree protette capace di farne al contempo uno strumento di conservazione e di valorizzazione del territorio. Vanno create le aree contigue intorno a tutti i parchi nazionali e vanno create nuove aree protette in ambiti da tempo individuati (Monti Simbruini-Ernici, fascia costiera, ecc.). Vanno rafforzati gli uffici regionali preposti e va anche aggiornata la normativa regionale di settore, anche per rispondere alle nuove sfide della Strategia nazionale sulla biodiversità.
Gestione efficace dei Siti Natura 2000
Va definito un modello gestionale operativo per i siti regionali ricompresi nella Rete Natura 2000 a cui l’Unione europea ha affidato la conservazione della biodiversità del continente europeo. L’Abruzzo deve dotarsi di competenze tecnico-scientifiche e risorse adeguate per tutela e monitoraggio ed evitare l’isolamento dei Comuni, favorendo cooperazione, coordinamenti territoriali e adeguate coperture finanziarie. Vanno create sinergie e assistenza per facilitare l’accesso ai finanziamenti e agli incentivi dedicati alle aree che ricadono all’interno della Rete Natura 2000. Sulle valutazioni d’incidenza ambientale va riaccentrata la competenza in capo alla Regione per garantire valutazioni tecniche adeguate su specie e habitat protetti e per non lasciare da soli piccoli comuni a fronteggiare richieste di grandi multinazionali.

Biodiversità e coesistenza uomo-fauna - L’Abruzzo è una regione caratterizzata da un’elevata biodiversità: sul suo territorio sono presenti 107 specie incluse negli Allegati II, IV e V della Direttiva Habitat. Questo patrimonio naturale rappresenta per gli abruzzesi un motivo di orgoglio, ma comporta anche una grande responsabilità in termini di tutela e gestione. Negli ultimi anni, tuttavia, il dibattito pubblico sulla presenza della fauna selvatica ha assunto toni sempre più allarmistici e conflittuali, alimentando una contrapposizione tra diversi settori della società. Una narrazione di questo tipo risulta poco utile: i problemi legati ai danni all’agricoltura non si risolvono attraverso lo scontro tra mondo agricolo da un lato e mondo ambientalista e scientifico dall’altro, ma richiedono politiche efficaci di prevenzione e sistemi di risarcimento più strutturati, rapidi e puntuali. Allo stesso modo, la gestione della fauna selvatica non può essere affidata all’attività venatoria, ma deve basarsi su un approccio integrato, fondato su competenze scientifiche e strumenti adeguati.
Alcuni esempi:
La maggiore frequenza di avvistamenti del lupo in diversi comuni abruzzesi richiede attenzione, ma anche una comunicazione corretta verso i cittadini, senza però ricorrere a logiche emergenziali o a toni allarmistici. I dati mostrano, infatti, una forte pressione sulla specie: tra il 2019 e il 2023 in Abruzzo sono stati rinvenuti 272 lupi morti (dati dell’Associazione “Io non ho paura del lupo”) e si tratta probabilmente di un numero sottostimato. Di fronte a questo quadro, appare necessario un intervento urgente basato su informazione e sensibilizzazione dei cittadini per far conoscere i corretti comportamenti da adottare, sul risarcimento rapido ed efficace per gli allevatori e sull’istituzione di una task-force che possa costituire un riferimento per i cittadini.

L’anno si chiude con l’ennesimo orso marsicano investito sulle strade abruzzesi, il quarto del 2025. Non è più accettabile che gli orsi continuino a morire per cause di origine antropica. Tra 2003 e 2024 sono stati rinvenuti morti 52 orsi marsicani (in media 2,4 all’anno). Di questi, il 50% di quelli per cui è stato possibile accertare le cause di morte è deceduto a causa di episodi di bracconaggio (arma da fuoco, avvelenamento, etc.), mentre un ulteriore 30% per altre cause comunque legate all’attività antropica (incidente stradale o ferroviario, annegamento, etc.). Sono numeri inaccettabili. Ogni orso che perdiamo è un pezzo di futuro che rischiamo di cancellare per questa sottospecie unica al mondo. È giunto il momento che la Regione assuma pienamente la responsabilità legata alla presenza di questo straordinario animale e promuova collaborazioni più strutturate ed efficaci con gli altri enti e soggetti che, a diverso titolo, operano nella gestione del territorio — dai parchi all’ANAS — al fine di chiarire ruoli e competenze e garantire interventi coordinati per la mitigazione delle minacce e dei rischi esistenti.

Tutela dell’acqua e contrasto al consumo di suolo - In Abruzzo la dispersione della risorsa idrica rappresenta una criticità particolarmente grave: circa il 62,5% dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione non raggiunge gli utenti finali, collocando la regione tra quelle con le maggiori perdite a livello nazionale. A titolo di confronto, la media italiana di dispersione idrica si è attestata al 42,4% (fonte: ISTAT, “Le statistiche sull’acqua”, anni 2020–2023). Questi dati evidenziano la necessità urgente di interventi strutturali sulle reti e di una gestione più efficiente e sostenibile della risorsa idrica.

I dati più recenti di ISPRA (pubblicati nell'ottobre 2025) mostrano che l'Abruzzo è tra le regioni con la crescita percentuale più elevata di consumo di suolo, dopo Sardegna e Lazio, con un aumento significativo di aree trasformate in superficie artificiale, sebbene complessivamente abbia una copertura artificiale inferiore alla media nazionale, concentrata soprattutto lungo la costa e nelle aree urbane, guidata dalla provincia di Pescara. Il consumo totale di suolo in Abruzzo ha raggiunto circa 973 ettari negli ultimi quattro anni.

Tutela delle acque
Occorre attivare interventi straordinari di risanamento dei corsi d’acqua, da gestire come veri e propri ecosistemi, superando pratiche dannose come il taglio a raso della vegetazione spondale, nuove cementificazioni in alveo e costruzioni in aree esondabili.
Va garantita la tutela delle acque in falda attraverso il contrasto all’inquinamento in agricoltura causato dall’uso di pesticidi. Resta ancora irrisolta la questione dell’acquifero del Gran Sasso che su cui si discute da oltre vent’anni di messa in sicurezza. 
Contrasto al consumo di suolo
Serve una politica urbanistica basata su un bilancio tra suolo occupato e recuperato, supportata da dati aggiornati, strumenti di monitoraggio (VAS) e dall’istituzione di un Osservatorio regionale sul consumo di suolo che possa anche orientare una revisione degli strumenti di pianificazione comunale ormai del tutto sovrastimati rispetto alle reali esigenze abitative.

Prevenzione e mitigazione effetti del cambiamento climatico e piano di adattamento - Tutte le politiche regionali devono essere collocate nel contesto del contrasto al cambiamento climatico e al contempo orientate all’adattamento ad un fenomeno con cui purtroppo dobbiamo fare i conti. Con l’approvazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) nel 2023, l’Italia ha definito una strategia nazionale che individua misure concrete, molte delle quali basate sui servizi ecosistemici, per ridurre i rischi climatici nei territori vulnerabili. L’Abruzzo, pur avendo già individuato nel 2015 un profilo climatico e linee guida per un piano regionale di adattamento, non ha mai dato seguito a quel percorso. In un contesto di crescente frequenza di eventi estremi e di forte vulnerabilità del territorio regionale, questa mancanza rappresenta una grave criticità che richiede un intervento urgente: non si può pensare di programmare azioni già di per sé impattanti sul territorio, senza tener conto dello scenario globale del cambiamento climatico che non può far altro che amplificarle.
Legge regionale sul clima
Nel 2026 la Regione deve avviare un percorso partecipato e trasparente per l’elaborazione di una legge regionale sul clima con cui definire obiettivi, strumenti e tempi per la riduzione delle emissioni e per l’adattamento al cambiamento climatico. Serve un Piano energetico regionale orientato a una piena valorizzazione del potenziale energetico rinnovabile, evitando nuovi investimenti in infrastrutture fossili: lo sviluppo di energia rinnovabile va pianificato in modo chiaro e condiviso, garantendone la più ampia diffusione nel rispetto e nel bilanciamento con la biodiversità e il paesaggio, e attraverso il coinvolgimento informato delle comunità locali.

Attuazione operativa del PNACC
Dopo l’approvazione del PNACC, si apre la fase di attuazione delle azioni di adattamento, con definizione di priorità, ruoli, responsabilità, strumenti finanziari e rimozione degli ostacoli normativi e procedurali. La Regione deve individuare con urgenza azioni e finanziamenti per l’adattamento climatico, evitando costi futuri molto più elevati in termini economici e di sicurezza delle persone. Le azioni devono riguardare incendi, dissesto idrogeologico, erosione costiera, alluvioni, gestione della risorsa idrica e degrado dei suoli. - Ufficio Stampa -