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"La geometria delle solitudini”, la forza della poesia Giovanna Iacovoni

22/08/2025 - La Redazione

Sebbene si intitoli “La geometria delle solitudini”, l’opera di Giovanna Iacovoni - pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore e disponibile anche nella versione e-book - non ha nulla a che vedere con la matematica. Non si incontrano formule e disegni, ma rappresenta un viaggio intimo dentro sé stessi. «Ho da sempre colto un parallelismo tra la purezza di una forma geometrica e la parte autentica di ognuno - racconta l’autrice, nata a Teramo ma che vive a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) -. Come se la perfezione di certe raffigurazioni richiamasse all’essenza, quasi sempre tenuta nascosta al resto del mondo. Da qui l’inevitabile sensazione di solitudine nel sottrarsi».

La silloge è frutto di vent’anni di appunti, di versi, tenuti dentro un cassetto, in cui l’esigenza di mostrarsi diventa un percorso lungo, molto spesso difficile. La poesia è un modo di interrogarsi, di creare un dialogo continuo con la parte più intima gelosamente custodita. «Giovanna Iacovoni - scrive, nella Prefazione, Francesco Gazzè, autore e compositore, fratello del noto cantante Max Gazzè - incanta davvero con quest’opera intrisa d’amore, di follia, di lacrime, d’illusioni, di odio, di luce, di assenza, di affanni, di promesse, di buio, di colori, di baci, di nebbia, di paura, di gioia, di profumi, di vento, di sguardi, di memoria, di pioggia, di cenere, di affetti, di respiri, di silenzi, di vuoto, di sogni, di libertà, d’infinito, di risvegli, di sole, di ricordi, di cielo, di stupore, di terra, di rosso, d’ignoto, di meraviglia, di Tutto».

L’opera è divisa in sezioni in cui il fil rouge sta nelle note di fondo, «ovvero - spiega la poetessa - una serie di sensazioni riguardanti il vivere, l’osservare, l’amare e persino l’odiare, che si intrecciano tra loro come in una giostra colorata di realtà e finzione». Gli argomenti trattati sono frutto di riflessioni varie che spaziano dai grandi temi alla filmografia d’autore, ai dipinti del primo Novecento americano. Le liriche - scritte con uno stile scarno ed essenziale - sono a verso libero; alcune hanno una metrica in rima baciata ma, perlopiù, sono flussi di pensiero che cercano di evocare emozioni. «L’aspetto catartico - spiega l’autrice - sta nell’azzeramento di tutto ciò che si crede conoscibile. E’ un viaggio dentro di noi, una scoperta continua. La “scritta parola” nasce dalla contrapposizione del pensiero come flusso libero e del tentativo di tenerlo racchiuso dentro aridi stilemi». E la forza di Giovanna risiede proprio nella sua penna, strumento con cui riesce a mostrarsi con schiettezza per quello che è, nella maniera più autentica e vera.

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera - Addetto Stampa Aletti Editore)