Famiglia nel bosco, D'Alfonso: sia restituito il diritto all’unità della famiglia
"Va riacquistata la dimensione del dialogo e della proporzione, non esacerbando il clima attraverso una guerra tra fazioni"
2025-11-26T12:09:00+01:00 - La Redazione
PESCARA - L’arma del dialogo, istituzionale, amministrativo, giuridico, sociale, finanche umano e personale, è l’unico strumento che garantisce il rispetto del principio di gradazione: un criterio indispensabile per evitare e impedire l’adozione di misure emergenziali, talvolta anche spropositate, ingigantite dalla paura di ciò che non si conosce, dal timore di ciò che appare strano ed estraneo al comune sentire. Misure che, ignorando la necessaria gradualità, rischiano di non essere adeguatamente approfondite usando il mestiere della riflessione e del confronto collaborativo.
Nel ‘caso’ della famiglia di Palmoli, un Paese che ha oggi acquisito carta d’identità non per i suoi boschi, ma per un fatto di cronaca, è mancata a mio giudizio proprio la gradazione dell’intervento, oltre al dialogo, al parlarsi e al guardarsi negli occhi. Si è scritto, tanto, troppo. Si sono prodotte carte con il bollo dello Stato, si sono esibiti protocolli e relazioni inficiati da un verbo al condizionale, a esprimere un rischio socio-educativo potenziale più che effettivo. Si è scelto l’atto estremo senza passare per le vie intermedie. Si sono manifestati rapporti che sono rapidamente declinati verso la sfiducia e la reciproca chiusura. Ma è mancata, a mio giudizio, la capacità di penetrare in una visione diversa del mondo e della vita, rischiando di far prevalere la pigrizia dell’abitudine sulla doverosa prudenza amministrativa.
Non posso e non voglio credere che all’origine di una misura tanto emotivamente travolgente quanto l’allontanamento dalla propria famiglia – che contraddice ogni logica di gradazione delle tutele – ci siano state l’assenza di un televisore, la mancata abitudine all’utilizzo di un personal computer o di uno smartphone/cellulare. Non voglio e non posso accettare che tre bambini stiano vivendo la loro quarta notte lontani da mamma e papà, scavalcando ogni passaggio intermedio di supporto, perché non sono abituati a giocare ai videogame con i propri coetanei. Mi fa sorridere conoscere che uno dei punti cruciali della vicenda possa essere stata la disponibilità dei servizi igienici all’esterno dell’abitazione, seppur sempre al chiuso, e penso alle case delle nostre nonne per le quali anche disporre del bagno era un lusso.
C’è una relazione che parla di mancata scolarizzazione dei tre bambini. Ci sono altre carte che invece dicono che i minori hanno ottemperato agli obblighi scolastici ma i documenti di riferimento sono finiti chissà dove, pur essendo nelle mani del Ministero deputato. Credo fermamente nella buona fede della giustizia che ha assunto una decisione sulla base di ciò che viene raccontato da ‘esperti della materia’ professionalmente predisposti ad affrontare simili casi.
È altrettanto evidente che oggi si pone la questione di fondo del dovere di andare con tempestività a verificare quali siano stati i limiti dell’azione messa in atto in quell’angolo d’Abruzzo, dove sembra essere saltata ogni gradazione tra l'osservazione e la sanzione, in un luogo dove una famiglia anglo-australiana aveva scelto di vivere come in un piccolo Paradiso, una novella ‘Casa della Prateria’.
Da padre ritengo che la prima opportunità da restituire subito, ristabilendo la corretta scala delle priorità, sia il diritto all’unità della famiglia, alla ricomposizione del nucleo, permettendo alla madre di vivere i propri bambini seppur, per ora, all’interno della casa famiglia. Non siamo dinanzi a una vicenda di maltrattamento, non c’è rischio di ‘inquinamento delle prove’, dunque mi pare inverosimile che quella famiglia debba vivere distanziata: una misura massima che ignora ogni gradualità, applicata anche e soprattutto nelle ore notturne che sono quelle di maggiore angoscia per un bambino, quando solo l’abbraccio della mamma può salvare dall’orco cattivo.
Va riacquistata subito la dimensione del dialogo e della proporzione, non esacerbando il clima attraverso una guerra tra fazioni. Spero che quella famiglia riacquisti al più presto la propria dimensione di condivisione del tempo e dello spazio di vita, favorendo la costruzione di una comunità capace di tendere la mano e aiutare, supportare, costruire rapporti pur nella reciproca diversità. L’Abruzzo dovrà saper dare il segnale della propria presenza, consentendo a quella famiglia di restare in una Palmoli che dovrà riappropriarsi della propria natura riservata e boschiva, e di non preferire il ritorno oltreoceano, che sarebbe una sconfitta per tutti. - On. Luciano D’Alfonso -