Eccellenza, D’Egidio carica il Montorio per il derby con il Pontevomano

Il muro giallonero: “Qui c’è un progetto che vale più di una salvezza”

2025-12-04T17:15:00+01:00 - Walter Cori

Eccellenza, D’Egidio carica il Montorio per il derby con il Pontevomano

di Stefano Vecellio

TERAMO - Solitario, giudice dell’ultimo istante, custode di un destino che può cambiare in un attimo. È il primo regista dell’azione e l’ultimo baluardo della difesa, vive di responsabilità, letture, silenzi e coraggio. Il portiere si muove su questa linea sottile tra errore e gloria: lo sa bene Andrea D’Egidio, oggi estremo difensore del Montorio in Eccellenza con un passato anche tra i pro, arrivato nel Vomano in un momento complesso, ma animato da fame, leadership e da un progetto che guarda oltre l’emergenza salvezza.

Andrea, partiamo subito con l’analisi della prossima sfida che vi attende domenica: il derby con il Pontevomano. Come la state preparando?

  • Il derby è molto sentito qui nel Vomano, ci aspetta una battaglia vera contro un avversario difficile, preparato, con giocatori di categoria. Cifaldi è un allenatore molto bravo, preparerà la gara al meglio, ma noi ci faremo trovare pronti. Entrambi abbiamo lo stesso obiettivo, la salvezza, quindi è ovvio che il Pontevomano verrà qui con il coltello fra i denti, però con la giusta mentalità credo che riusciremo a portare a casa il risultato”. 

In casa state attraversando un buon momento, arrivate da 2 risultati utili consecutivi, ma negli scontri diretti, penso alla gara con l’Ovidiana o a quella col Sambuceto, faticate ad incidere. Quanto pesa questo sul morale della squadra?

  • Sicuramente la sconfitta col Sambuceto è stata una brutta scossa, soprattutto per il modo come è arrivata. Ma per la classifica che abbiamo non possiamo rimuginare troppo sui passi falsi, dobbiamo avere la prontezza di metabolizzare subito e voltare pagina. Ci siamo confrontati molto tra di noi e infatti nell’ultima gara con la Torrese si è visto già un atteggiamento diverso. Quello che cerco di trasmettere ai ragazzi è avere più cattiveria e soprattutto la voglia di non perdere anche quando non si può vincere: contro le dirette concorrenti, come il Sambuceto, bisogna cercare di portare a casa più punti possibili e non lasciare neanche le briciole per strada. Io con l’esperienza ho affinati questa mentalità, i ragazzi invece sono giovani, capita di non avere la lucidità giusta per leggere alcune partite. In futuro sono convinto che ci servirà da lezione”. 

Pensi allora che ci sia una difficoltà più legata ad un aspetto mentale piuttosto che tecnica?

  • Assolutamente sì, non ci sono difficoltà tecniche o tattiche. Qui ci sono giocatori che l’anno scorso hanno disputato un campionato fantastico da neopromossi, devono solo ritrovare un po’ di fiducia nei propri mezzi. Piano piano stiamo migliorando anche la solidità difensiva in casa, con gli ultimi due clean sheet contro Pianella e Torrese: siamo sulla buona strada”.

Credi anche tu, come hanno detto alcuni addetti ai lavori, che oltre alla fiducia manchi un po’ di leadership nello spogliatoio?

  • Più che un discorso di leadership, credo che la giovane età del gruppo potrebbe aver inciso sulla mancanza di una figura carismatica che potesse trasparire anche all’esterno, diciamo davanti alle telecamere. Da quando mi sono inserito in questo spogliatoio, c’è sempre stato un dialogo costruttivo tra noi giocatori e lo staff per migliorare alcuni aspetti. Personalmente, io sono arrivato con una fame e una cattiveria diversa perché per la prima volta in carriera mi trovo a lottare per la salvezza e non per obiettivi di vertice, come vincere il campionato o i playoff. Questa per me è una sfida personale, voglio risollevare una società che per blasone e passione non merita questa classifica”. 

Un concetto che ha espresso anche Luciano Cerasi in molte sue dichiarazioni. Quanto è stata importante la sua figura nella scelta di sposare la causa giallonera?

  • Tantissimo, ritengo che il mister sia una persona con un valore umano e professionale davvero importante. In realtà con il Montorio c’era già stato un contatto a inizio stagione, ma non c’era stato l’affondo giusto. In estate sono andato via dall’Angolana perché la società fin da subito mi ha palesato la volontà di giocare con un portiere under, una scelta dettata da un regolamento che secondo me affligge questa categoria. Per un periodo mi sono allenato con il Mosciano, una società con cui ho un ottimo rapporto e che stimo profondamente, ma anche lì avevano progettato una squadra con un under in porta. È vero che a me sarebbe piaciuto firmare e quando hanno avuto un’emergenza nel ruolo c’è stata qualche chiacchiera, ma mai una vera trattativa. A Montorio invece ho sentito subito la fiducia. Nonostante il momento difficile, la società sta investendo molto per costruire un progetto che miri a raggiungere la salvezza quest’anno e puntare più in alto in futuro. La situazione attuale è deficitaria, per questo dobbiamo affrontare ogni partita come se fosse l’ultima per centrare l’obiettivo”. 

Come si allena questo spirito battagliero? 

  • Con la routine di tutti i giorni. Noi portieri abbiamo una settimana tipo molto simile a quella dei giocatori di movimento, ma lavoriamo molto di più sull’aspetto mentale: è un fattore determinante per il pre-partita e lo sarà ancora di più domenica per il derby. Dal punto di vista tecnico, tattico e fisico sei già preparato durante gli allenamenti settimanali, ma prima di un match, se giochi in questo ruolo, è fondamentale lavorare sulla testa: la mente predomina sempre sul corpo”. 

Hai sempre avuto questa vocazione in porta?

  • Fin da bambino, quando a 3-4 anni indossavo i guantoni in casa e giocavo con mio padre nell’intervallo delle partite che guardavamo in tv. Io mi sono formato per strada, quando giocavo nei campetti di Sant’Egidio con amici che poi sono diventati compagni in Eccellenza come Manari e Gentile. Solo dopo sono entrato in una scuola calcio, facendo poi tutta la trafila nei settori giovanili a Sant’Omero, San Benedetto ed Ascoli. Per me è sempre stata una passione, pensa che a scuola mi chiamavano “Mocio Vileda” perché ero sempre a terra a tuffarmi”. 

Nel calcio moderno il ruolo del portiere si sta evolvendo sempre di più nella costruzione del gioco, noti questo cambiamento anche nelle serie minori?

  • Sì, adesso molto spesso si vede il portiere che si alza sulla linea dei centrali per giocare da terzo difensore aggiunto e impostare dal basso. Molti allenatori prediligono questo gioco palla a terra anche in queste categorie, anche se è una tattica rischiosa: i campi sono più piccoli, c’è più pressing e tanta fisicità. Avendo come idolo Julio Cesar, mi sono sempre concentrato maggiormente su agilità e tecnica, quindi inizialmente, soprattutto nei primi periodi in Serie C, ho avuto delle difficoltà quando ci chiedevano questo tipo di sistema. Devo ringraziare i miei preparatori, che negli anni mi hanno aiutato molto a migliorare dal punto di vista podalico: oggi mi sento più sicuro con il pallone fra i piedi”. 

Nonostante la tua età, hai già avuto tante esperienze importanti nel corso della tua carriera: quali ti sono rimaste più impresse?

  • Sicuramente Pisa e Pineto sono quelle a cui sono più legato. Con i toscani abbiamo vinto i playoff di Serie C e in Serie B ero secondo portiere, peccato che il Covid abbia fermato tutto, mentre con i biancazzurri abbiamo vinto Serie D e Coppa Italia di categoria. In entrambe le esperienze mi porto dietro sia l’aspetto sportivo sia quello umano, ho trovato due gruppi fantastici. Ricordo con piacere anche l’annata con il Sudtirol, dove con Paolo Zanetti in panchina, abbiamo fatto un miracolo disputando i playoff di Serie C con una squadra giovanissima, poi sono state importanti anche Matera ed Ascoli”. 

Nel futuro invece ti vedi ancora Montorio?

  • Ora è presto parlarne, siamo tutti focalizzati a raggiungere l’obiettivo. Dopodiché, se ci fosse la possibilità di rimanere con un progetto solido, per me sarebbe un piacere rinnovare con questa società. Ma ora pensiamo solo al Pontevomano e a salvarci il prima possibile”.