Eccellenza, Cifaldi: "Teramo fu un'esperienza traumatica"
Eccellenza: il derby del Vomano Pontevomano-Montorio '88 è gara-salvezza che conta
2025-12-03T13:15:00+01:00 - Walter Cori
di Stefano Vecellio - credits foto Mattia Di Valentino
TERAMO - Nella Valle del Vomano si respira aria di attesa, un crepitio di tensione e voglia di riscatto, un profumo di storia e necessità che caratterizza il derby di domenica tra Montorio e Pontevomano.
Vista la situazione delle due squadre potrebbe portare ancora più incertezze, ansie, paure, ma non per Rinaldo Cifaldi, che lo vive con la serenità di chi ha affrontato le tempeste del calcio e ne ha tratto forza e consapevolezza. Il suo Pontevomano si prepara alla gara del Pigliacelli con addosso il peso della classifica, ma anche con la freschezza di un progetto giovane e coraggioso.
Mister, partiamo dal derby: l’anno scorso è stato un match di alta classifica, oggi è uno scontro diretto per la salvezza. Cos’è cambiato nel suo Pontevomano nell’arco di 365 giorni?
- “Rispetto alla scorsa stagione, quest’anno i problemi principali sono arrivati dagli infortuni. Per tanto tempo abbiamo avuto una rosa corta, ci sono mancati giocatori importanti come Aisosa e Massarotti. Omoruyi si è rotto il metatarso il primo giorno di allenamento, saltando tutta la preparazione, poi quando è rientrato, si è fatto male di nuovo. Domenico il giorno prima della preparazione ha avuto invece un incidente stradale fratturandosi un piede ed è stato fuori un mese e mezzo. Quando sei una squadra giovane e ti mancano due colonne così, è normale che tutto il gruppo ne risenta”.
Domenica al Pigliacelli si affrontano due squadre che hanno urgenza di vincere per risalire la china. Che tipo di gara vi attende?
- “Un derby sentito, ripreso l’anno scorso dopo tanto tempo. Entrambe veniamo da classifiche deficitarie e abbiam bisogno di punti. Per questo sarà una gara importante, forse più del solito: pesa per noi, pesa per loro”.
Sul piano tattico ha già in mente qualcosa per arginare l’undici di Cerasi?
- “Lavoriamo sempre settimanalmente sulle nostre caratteristiche e sulle necessità del momento. Con gli infortuni che abbiamo avuto, spesso il modulo definitivo lo decido al sabato mattina. Dipende dalle condizioni della rosa, dalla disponibilità, dai dettagli. Il calcio è sempre prospettiva di cambiamento, dinamismo quotidiano”.
Possiamo dire però che come base si può ripartire dall’atteggiamento mostrato nel 3-3 contro il Mosciano?
- “Assolutamente. Se non mettiamo quello spirito e quella grinta in ogni partita diventa problematico. Senza questi fattori possiamo fare poco, la nostra identità passa da lì: compattezza, sacrificio, fame. Se non li mettiamo, è tutto più complicato. Noi siamo una squadra giovanissima, vent’anni di media. Pensate che domenica ha segnato un classe 2009 su assist di un 2007: credo che sia un unicum in Eccellenza”.
Quel 2009 è Haidara, che ha segnato il suo primo gol in maglia giallonera. Che tipo di giocatore sta scoprendo?
- “In realtà non lo sto scoprendo adesso, Mamadou si è allenato con noi fin dalla preparazione estiva, abbiamo solo aspettato che compisse 16 anni per tesserarlo. Penso che sia un ragazzo interessante, sicuramente deve crescere, ma per età e caratteristiche ha doti importanti”.
Un acquisto che si sposa bene con la filosofia del Pontevomano, una società che lei abbraccia ormai da 4 anni. Cosa la spinge ogni stagione a sposare il progetto giallonero?
- “La serietà di questa società. Ci sono idee chiare su come intervenire per migliorarsi, non si fanno follie economiche e si segue una politica di gestione ben precisa. Puntiamo su giovani del territorio: quasi tutti sono di Teramo e provincia, tranne Ferrini e Morleo. Cerchiamo ragazzi adatti per età e identità geografica, crediamo in questo modello e lavoriamo per la salvezza. Il club è cresciuto molto, grazie alla collaborazione tra squadra, staff e il direttore Piero D’Orazio, grande artefice di questa linea”.
Far crescere i giovani e conquistare la salvezza sono ormai il suo pane quotidiano a Pontevomano, ma in carriera ha allenato anche piazze con cui ha vinto campionati e trofei. Tra le tante tappe, quali ricordi porta con sé?
- “Ogni squadra ha rappresentato un pezzo di vita vissuta. Non c’è una vittoria che valga più di un’altra: ognuna ha avuto un sapore diverso e mi porto dentro ogni esperienza. Ho vissuto momenti meravigliosi ma anche periodi difficili, ma tutto mi ha lasciato qualcosa di bello, non solo nei risultati sportivi ottenuti, ma soprattutto nei rapporti umani”.
Anche la sua storia travagliata alla guida del Teramo è un bel ricordo? Oppure è rimasta una ferita ancora aperta?
- “Più che una storia travagliata direi che è stata un’esperienza traumatica, che ha cambiato il mio modo di approcciare a questo sport. Avevo scelto Teramo per cuore, rinunciando alla Lega Pro. C’era un progetto, ma non fu rispettato. Mi esonerarono da primo in classifica quando l’obiettivo erano i playoff, non la vittoria del campionato: è una situazione inammissibile per un allenatore. Poi sono stato richiamato a 5 giornate dalla fine con la squadra terza, facemmo quattro vittorie e un pari, arrivammo secondi dietro il Santarcangelo. Io comunque dentro di me sento di aver vinto quel campionato, anche se poi sulla carta non è stato così. Poteva essere il coronamento di un sogno, vincere con la squadra della mia città e che seguo fin da bambino, ma non provo nessun rammarico, anzi è stato un crocevia importante della mia vita. Mi si è chiusa una porta, ma se ne è aperta una più grande e da lì ho deciso di tornare a fare l’insegnante”.
Lasciandoci il passato alle spalle, in futuro qual è il suo programma?
- “Adesso è prematuro parlarne, prima penso a raggiungere la salvezza col Pontevomano, poi si valuterà. Vivo il calcio con passione, è parte di me, quello che arriverà dovrà essere in sintonia con la mia visione e con le sensazioni del momento. Qui sto bene, poi vedremo cosa accadrà”.