D’Alfonso sulla mobilitazione dei lavoratori precari della Giustizia

Il lavoro è un diritto ma c'è chi sembra che non riconosca il contributo di competenza

2025-10-15T12:03:00+02:00 - Walter Cori

D’Alfonso sulla mobilitazione dei lavoratori precari della Giustizia

ROMA - Il lavoro precario è quello che non ti permette di comprare una casa, di sposarti, di pensare alla realizzazione di una famiglia o all’indipendenza dai tuoi genitori. È quello che non ti consente di progettare il futuro, è forse il lavoro più ingiusto e impari, perché ti impegna, occupa il tempo della vita e della giornata, ma non ti autorizza a nutrire certezze. Sostengo la mobilitazione nazionale odierna dei lavoratori precari della Giustizia che chiedono unicamente ciò che è loro diritto, la stabilizzazione.

Parliamo di un esercito che in Italia conta 6mila unità, precari assoldati in forza, in uffici criticamente privi di personale, tramite un regolare concorso, pur restando comunque precari, dunque senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato, prendendo sulle proprie spalle l’onere di uffici strategici dei Palazzi di Giustizia, in qualità di Addetti all’Ufficio per il Processo, Data Entry e Tecnici dell’Amministrazione. Uomini e donne che sono cresciuti mangiando pane e dati sensibili, consentendo il processo di digitalizzazione dei processi e degli archivi, permettendo ai nostri Tribunali di recuperare tutte le pratiche arretrate, che sono un po’ come le liste d’attesa della Asl, e dunque di ridurre i tempi dei pronunciamenti in aula tesi a stabilire verità e a restituire serenità di vita a chi ha la sorte di incrociare quelle aule

Sono uomini e donne per i quali il Ministro per gli Affari Europei, le Politiche di coesione e il PNRR Foti aveva annunciato la stabilizzazione entro il 2026, annuncio che mai è stato confermato dal Ministero della Giustizia, lavoratori che oggi temono concretamente di vedersi superati da una nuova procedura di selezione.

Il lavoro è un diritto, e se pare quasi ridondante doverlo ricordare costituzionalmente, pare obbligatorio rammentarlo a chi sembra non riconoscere il contributo di competenza, professionalità acquisita e capacità garantita che oggi deriva da un personale formato e pronto. Ed è un paradosso che tale condizione si verifichi nel settore Giustizia, che è cruciale per lo sviluppo e la tenuta del Paese e che deve essere pilastro di stabilità, efficienza ed efficacia.

Occorre prevedere risorse specifiche al fine di garantire la continuità occupazionale e il riconoscimento di tutto il lavoro per i lavoratori della giustizia, è necessario avere chiarezza immediata sui numeri, le modalità e i tempi delle stabilizzazioni con garanzie per tutti i lavoratori che hanno contribuito al raggiungimento degli obiettivi del PNRR.

Il mancato compimento di tale processo rischia di essere un’occasione persa per l’intero sistema giustizia, un’occasione persa per essere un Paese competitivo ed efficiente, con certezza delle situazioni giuridiche soggettive che si pongono in essere. Da un sistema governativo che ha fatto della riforma della Giustizia la propria caratteristica distintiva ci aspettiamo concretezza e coerenza nei confronti dei propri lavoratori.