Commissione Pari Opportunità, Uniti per Civitella: chiarimenti doverosi dopo la replica dell’amministrazione

E' necessario ristabilire la verità dei fatti e respingere con fermezza le accuse rivolte alla minoranza, che appaiono infondate, offensive e prive di qualunque fondamento istituzionale

2025-11-05T22:32:00+01:00 - La Redazione

Commissione Pari Opportunità, Uniti per Civitella: chiarimenti doverosi dopo la replica dell’amministrazione

CIVITELLA DEL TRONTO - In merito alla replica dell’amministrazione comunale sulla vicenda della Commissione Pari Opportunità, è necessario ristabilire la verità dei fatti e respingere con fermezza le accuse rivolte alla minoranza, che appaiono infondate, offensive e prive di qualunque fondamento istituzionale.

La convocazione del Consiglio Comunale del 7 ottobre 2025 riportava all’ordine del giorno, testualmente, “Presa d’atto della Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna”.
Una presa d’atto è un atto amministrativo di semplice ratifica, che non comporta in alcun modo la necessità della presenza delle persone nominate, né la previsione di una cerimonia pubblica.
Non vi era, pertanto, alcun elemento logico o istituzionale che potesse far presupporre la partecipazione delle componenti designate o della Presidente provinciale della CPO.

È stato il sindaco a convocare il Consiglio, non i capigruppo consiliari, e la convocazione — documento ufficiale e pubblico — non conteneva alcun riferimento a una cerimonia o a un insediamento.
Né nei giorni precedenti né nel corso dei contatti intercorsi con gli uffici comunali è mai stato accennato alla presenza della Presidente della CPO provinciale o all’opportunità di invitare le componenti designate.

«Solo la mattina del 7 ottobre, intorno a mezzogiorno, la consigliera Barbara D’Alessio mi contattava telefonicamente, in qualità di capogruppo di minoranza, per comunicarmi il ritardo della Presidente Erika Angelini, chiedendomi di informare le due componenti designate dal nostro gruppo.
Nel corso della stessa telefonata manifestavo tutta la mia perplessità per il fatto che nessuno ci avesse avvisato in precedenza né della presenza della Presidente provinciale né della necessità di far partecipare le persone designate.
Fino a quel momento non avevo ricevuto alcuna comunicazione in tal senso», e sostenere oggi che “sapevo della partecipazione” è semplicemente strumentale e privo di ogni riscontro oggettivo.

Ricevuta quella comunicazione a poche ore dall’inizio del Consiglio, fissato per le 16:00, era oggettivamente impossibile garantire la presenza delle interessate. Un preavviso così esiguo rappresenta di per sé una grave mancanza di correttezza istituzionale.

Alla luce di questi fatti, risulta sconcertante e inaccettabile che l’amministrazione comunale tenti di insinuare che il capogruppo di minoranza “sapesse bene” della partecipazione e “avesse dimenticato di avvisarle”.
Cosa avremmo dovuto sapere, di preciso? Che una presa d’atto equivalesse a una cerimonia d’insediamento con fiori, foto e presenza della Presidente provinciale?
E in base a quale norma o prassi amministrativa un atto tecnico si trasforma, senza comunicazione formale, in una “cerimonia”?

Quanto poi al tono della replica, che si permette di scrivere — testualmente — “capirete che studiare un po’ di più la materia amministrativa costa sacrificio”, non possiamo che definire simili parole inadeguate e indegne di un confronto istituzionale.
Si tratta di un modo di rispondere che tradisce una concezione gerarchica e presuntuosa del ruolo politico, dove chi governa si sente in diritto di “dare lezioni” a chi esercita il proprio mandato di controllo e di opposizione nel rispetto delle regole democratiche.

A questo punto, una domanda alla sindaca Di Pietro sorge spontanea:
i suoi consiglieri sono forse esperti di scienze amministrative?
E lei, in qualità di sindaco, ritiene di poter stabilire chi sia o meno “competente” in materia amministrativa?
La sindaca abbandoni una volta per tutte il ruolo di “maestra” e adotti un atteggiamento più consono al suo incarico istituzionale, che richiede dialogo, rispetto e senso delle istituzioni, non giudizi o lezioni di superiorità.

La verità è che la telefonata è stata fatta, e chi l’ha ricevuta ha reagito con l’unico atteggiamento possibile: l’imbarazzo di fronte a una situazione gestita male, all’ultimo momento, e senza il minimo riguardo istituzionale.
Definire “ridicola” la circostanza evidenziata dalla minoranza e insinuare che manchi lo studio non è solo una caduta di stile: è la prova di un atteggiamento autoreferenziale, chiuso al confronto e privo di equilibrio istituzionale.

A ciò si aggiunge un ulteriore problema che si ripete ormai da tempo: la conferenza dei capigruppo, propedeutica al Consiglio Comunale, non viene convocata, nonostante sia prevista dal regolamento e rappresenti uno strumento fondamentale di confronto e corretto funzionamento dell’organo consiliare.

Non è la prima volta, inoltre, che la sindaca e la sua amministrazione mostrano scarso rispetto nei confronti della minoranza, escludendola sistematicamente da eventi e momenti pubblici.
Un atteggiamento che denota, ancora una volta, una mancanza di sensibilità istituzionale e il non ricorso a un corretto utilizzo dell’educazione istituzionale, quella che dovrebbe caratterizzare chi rappresenta l’intera comunità, non solo una parte politica.

E allora, una domanda è inevitabile:
quando si parla di Commissione Pari Opportunità, non si parla forse anche di equilibrio, di rispetto e di pari dignità tra ruoli diversi?
Come si può parlare di pari opportunità se, di fronte a una legittima contestazione, la risposta è un attacco personale che nega ogni forma di rispetto istituzionale?
Se davvero l’amministrazione è convinta che la dicitura “presa d’atto” implichi automaticamente la presenza delle componenti designate e della Presidente della CPO, lo dichiari pubblicamente.
E vedremo quanti amministratori, giuristi o segretari comunali saranno disposti a confermare questa interpretazione.

Perché una cosa è certa: qui non è mancato lo studio, è mancata l’educazione istituzionale.
E se l’amministrazione avesse semplicemente ammesso una dimenticanza come sarebbe stato naturale e umano fare, si sarebbe evitato tutto questo.
Ammettere un errore non è mai la fine del mondo: continuare a negarlo, invece, è l’esatto contrario della buona amministrazione. 

Uniti per Civitella - Andrea Sbranchella