Basket, Ciafardoni ed il Roseto: una lunga ma triste storia d’amore
L’amareggiato ex presidente: “Oggi mancano competenza ed empatia ma c'è dell'altro...”
2025-11-13T14:48:00+01:00 - Walter Cori
di Stefano Vecellio
TERAMO - Una triste, lunga storia d’amore.
Si possono racchiudere ermeticamente così, con il titolo di una delle più belle ballate scritte dal grande Gino Paoli, i 5 anni di presidenza di Ernesto Ciafardoni alla guida della Pallacanestro Roseto. Un amore viscerale, che dopo tanti trionfi non ha avuto il lieto fine sperato, ma rimane sempre vivo nel cuore “romantico” dell’ex numero uno rosetano.
Lei dice di essere un romantico nella vita, ma lo è stato anche nello sport?
- Quando si parla d’amore l’immaginario comune pensa sempre al rapporto tra uomo e donna, ma per me Roseto è stata come una moglie, un’amante, una complice, una sorella. Questi cinque anni di presidenza sono stati straordinari, a questa piazza ho donato testa, cuore e anima. Ammetto, senza vergogna o piaggeria, di aver vissuto questa esperienza proprio come una vera storia d’amore.
Immagino allora quanto sia stata dolorosa la separazione di quest’estate dal suo “amore”.
- Razionalmente dico di essermi liberato di un peso, ma emotivamente è stato molto doloroso. Ho capito che era arrivato il momento di fare un passo indietro e ho presentato le dimissioni con un’email inviata il 6 maggio a tutto il CdA senza fare proclami perché la settimana successiva sarebbero iniziati i playoff e non volevo minimamente destabilizzare la squadra.
Perché si è sentito di farsi da parte dopo tanti anni di vittorie e traguardi?
- Quando arrivi alla mia età, con tanta esperienza e tanta vita alle spalle, alcune cose le percepisci subito. Diciamo che non mi sono più sentito gradito da una parte della proprietà attuale, ma non ci sono stati momenti di tensione o di scontro. Ora, da tifoso e innamorato, provo però tanta tristezza e dolore per il momento negativo che sta affrontando la squadra in questo suo primo campionato di A2: so quanti sacrifici abbiamo fatto per arrivarci.
9 sconfitte in 11 partite sono tante, troppe: c’è una crisi di risultati importante che attanaglia Roseto dall’inizio della stagione.
- Non parlo solo di risultati sportivi o di errori tecnici, quello che noto è proprio una forte negatività attorno all’ambiente. Non c’è più quella felicità, quella soddisfazione o quell’euforia nell’andare a vedere i propri beniamini, indipendentemente dalle vittorie o dalle sconfitte. Purtroppo vedo una disarmonia che pervade tutti gli aspetti, soprattutto quelli extra campo.
Secondo lei, quindi, ci sono colpe imputabili alla società.
- Poche competenze e soprattutto poca empatia con la piazza. Credo che stia mancando una componente fondamentale per far funzionare gli ingranaggi: il rapporto di felicità che da sempre lega proprietà e tifosi. Credetemi: questo fattore, a volte, vale più di 100 vittorie.
Anche lo smantellamento in estate di un organigramma vincente come il suo ha inciso su questo “momentus horribilis”?
- Secondo me sì, ma non solo il mio addio, o quello di Gramenzi, o il ridimensionamento del ruolo di Verrigni: anche le ultime dimissioni di un rosetano doc come Nando Francani dovrebbero far riflettere. Ma tutto questo caos il pubblico lo percepisce, i tifosi sanno cosa non va. Non scordiamoci che il popolo rosetano ha saputo accettare 2 sconfitte nelle finalissime playoff di B giocate in casa nel campionato 21-22 con Rimini e nel 23-24 con Livorno. Questo perché? Perché aveva capito che noi avevamo creato la giusta sinergia: la nostra era una società che interpretava la volontà della gente di Roseto degli Abruzzi. Al Pala Maggetti era sempre una festa, che si vinceva o si perdeva, trasmettevamo sempre gioia e felicità. Adesso questa identità non la vedo. O manca proprio.
Vede perciò un distacco tra tifoseria e proprietà?
- Sicuramente emergono posizioni diverse, ma quasi tutti rimproverano la scarsa competenza e soprattutto la mancanza di empatia. Personalmente ho un ottimo rapporto con il popolo biancazzurro, che saluto e ringrazio: mi ha sempre dimostrato vicinanza e affetto, apprezzando le mie doti professionali e umane.
Il rapporto con la stampa durante e dopo il quinquennio?
- È uno dei punti critici, ci sono cose che so ma non voglio dire perché non è nel mio stile. Per i primi 4 anni ho avuto un ottimo rapporto con loro, mi sono stati vicini nelle vittorie e soprattutto nelle sconfitte. Dal canto mio, mi sono sempre messo a disposizione per le varie trasmissioni, interviste e articoli, sempre a tutela dei giocatori e della società. Ma nella scorsa stagione, quella della promozione in A2, tutto questo è venuto a mancare. Improvvisamente non sono stato più considerato, apparentemente senza un valido motivo. Ma io so il perché... Non voglio mettere il coltello nella piaga, ma conosco bene i motivi e le dinamiche extra sportive che hanno portato a questo allontanamento. E' meglio tacere, mi creda, farei danni.
In futuro potrebbe tornare, magari in una nuova società?
- Adesso è prematuro pensarci, sicuramente con quella attuale non tornerò mai. Poi in futuro chissà, chi vivrà vedrà.
Qual è il ricordo più bello che si porta dietro da questi anni di presidenza?
- Faccio fatica a sceglierne uno in particolare, in 5 anni ci sono stati tanti bei momenti. Credo che il ricordo più bello sia proprio l’intera esperienza che ho vissuto, tutti e 5 gli anni: ogni giorno è stato indelebile anche se spessissimo, prima o poi, tutto ha una fine. Per questo dico che tra me e Roseto è stata una lunga storia d’amore, proprio come canta Gino Paoli.