A14: "pagare per stare in coda". 300 utenti professionali rispondono al sondaggio di Cna Fita e Usarci
Disagi nel tratto tra Abruzzo e Marche per autotrasportatori e agenti di commercio: "non esistono alternative valide lungo la dorsale adriatica". Il tratto peggiore tra Pescara e Giulianova
2025-11-18T12:31:00+01:00 - La Redazione
PESCARA – File chilometriche, cambi di corsia, rallentamenti. Sono gli ingredienti serviti ogni giorno, da anni, sulla tavola degli utenti che percorrono l’autostrada Adriatica A14 nel tratto tra Abruzzo e Marche, a causa dei tanti cantieri aperti, la cui fine non sembra prospettarsi all’orizzonte: con il risultato di “pagare per stare in coda”. Una condizione obbligata - non esistono infatti alternative valide lungo la dorsale adriatica - che si traduce, per chi su quei chilometri lavora ogni giorno come gli autotrasportatori e gli agenti e rappresentanti di commercio, in una grave perdita economica e ritardi strutturali rispetto ai normali tempi di lavoro, fino a modificare sensibilmente i rispettivi costi di produzione. Ma anche in danni “immateriali” non per questo secondari o trascurabili, come frustrazione, ansia, stress, percezione continua di rischio e pericolo nel percorrere quei viadotti e quelle gallerie a passo d’uomo.
Cna Fita di Abruzzo e Marche, insieme a Usarci, Unione sindacati agenti e rappresentanti commercio italiani regionale, hanno provato a testare con un sondaggio gli umori di questa importante platea di operatori professionali: a rispondere sono stati oltre 300 utenti, un campione tutt’altro che irrilevante, che chiede ora a gran voce a quanti decidono sull’assetto di quei cantieri “interventi di pianificazione più efficaci e misure correttive che garantiscano sicurezza, continuità e sostenibilità operativa”, soprattutto in ragione del fatto che non si può ragionevolmente più parlare di “lavori in corso ma di una condizione permanente di circolazione ridotta”. Stato dell’arte che fa dire a ben l’86% degli intervistati come l’impatto della gestione dei cantieri sul trasporto delle merci navighi in un acque negative (pessima gestione per il 67%). Impatto che è negativo anche sotto il profilo comunicativo, sempre a detta degli intervistati, per “mancanza di comunicazione chiara e in tempo reale” con informazioni aggiornate su chiusure, deviazioni, durata lavori, avvisi via app, pannelli stradali o canali digitali: “Siamo gli ultimi a sapere cosa succede e quanto durerà”.
I risultati del sondaggio - che adesso finirà sui principali tavoli istituzionali che hanno competenza sul tema, da ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alle Regioni interessate - sono stati illustrati questa mattina a Pescara nel corso di una conferenza stampa nella sede della Cna Abruzzo, cui hanno preso parte per la Cna il direttore regionale Silvio Calice e i rappresentanti di Cna Fita Riccardo Colazilli e Raffaella Pierangelo; gli esponenti di Usarci Abruzzo Vincenzo Verì, Carlo Di Cintio e Vincenzo Troisi, rispettivamente vicepresidente, segretario e tesoriere.
E vediamo allora a qualcuno dei dati più significativi del sondaggio, che si traduce in un vero e proprio cahiers de doléances da parte degli intervistati. Intanto, sul piano strutturale, il sondaggio non indica un solo punto critico sulla cartina geografica, ma sottolinea come il problema esista lungo l’intera tratta, in una sorta di corridoio senza soluzione di continuità: al più, con un’indicazione sul tratto più compromesso (da Pescara Nord a Giulianova), e senza significativi miglioramenti nel territorio marchigiano. Quanto alla frequenza dei disagi, ben il 79% dice di subire almeno 6 episodi di blocco al mese; il 42% supera addirittura gli 11 (praticamente ogni 2-3 giorni). E veniamo alla stima dei tempi medi di ritardo accumulato: per il 21,5% si attesta su un’ora o più, per il 45,9% tra i 30 e i 60 minuti, per il 30,7% tra i 15 e i 30, mentre solo per un’esigua minoranza (1,9%) si attesta entro la soglia dei 15 minuti. In termini di distribuzione nelle ore del giorno, i disagi si dividono in modo pressoché uniforme su tutto l’arco della giornata, con picchi nelle ore tra pomeriggio e sera (15-19). Facilmente intuibili, dunque, le conseguenze che questi tempi di percorrenza hanno sugli operatori professionali: l’84% del campione subisce un effetto forte o molto forte sui tempi di viaggio e pausa, con conseguenze sui tempi di riposo obbligati, la programmazione dei turni, gli orari di consegna, la gestione delle finestre temporali di carico e scarico con i clienti. Fino a produrre, nella valutazione gli intervistati, un “impatto significativo” sulla gestione aziendale (maggior costo del carburante, riduzione dei margini di guadagno del viaggio) per ben il 61%.