Nella foto dell’artista  prima che noto fotografo Cristian Palmieri, volontario del Premio da tanti anni, ci sono tutte le ragioni del 30° Premio Borsellino. Non nei numeri pure impressionanti per una manifestazione del genere. Non è nell’essere l’unica manifestazione in grado di mettere insieme un così alto numero di scuole , dirigenti e studenti. Non sono i 12 sindaci  seduti insieme e non in prima file ad avermi impressionato.  Non la presenza di generali e questori e prefetti che ascoltano gli studenti. E’ in quella scena che ho visto e vissuto in diretta e giustamente colta da Palmieri che leggo l’unicità di questa manifestazione, la straordinarietà del Premio in Italia, e il successo che garantisce un futuro fulgido all’unico Premio dedicato in Italia a Falcone e Borsellino.

La 75enne  giornalista francese  Marcèlle Padovanì che 30 anni fa (1991) pochi mesi prima di Capaci condivise con  Giovanni Falcone la scrittura del libro storico “Cose di cosa nostra”, il vangelo dell’antimafia, sceglie il premio per tornare su un palco a raccontare quella storia, anche se poi  tra gli applausi si commuove, si ferma, e poi non ce la fa a continuare. Il nuovo procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo (garante del premio) , riservato, sconosciuto alle cronache, “nascosto”,  omo che ha scelto di parlare con le settenze che hanno seppellito sotto anni di carcere i camorristi campani e oggi è tornato ad indagare sulla strage di via D’Amelio, il magistrato che ha rifiutato fino ad oggi  interviste, Tv, e ogni invito a parlare, scegli il palco  del Premio e di venire a Pescara  per incontrare gli studenti, e sale tre volte sul palco del Flaiano per spiegare ai ragazzi le storia dell’antimafia.

Ecco, tra memoria e futuro,  il successo della XXXª  edizione del “Premio nazionale Paolo Borsellino”. No solo incontri, libri, testimonianze  ma carne e sangue vivo per riaffermare che “gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”. Giunto al suo  30° anno, il Premio 2022 voleva essere, ed è stato, un lumicino per tutte quelle persone impegnate per la tutela dell’ambiente, la denuncia delle varie forme di bullismo, la difesa dalle discriminazioni, la partecipazione civica e la sensibilizzazione della società civile sui temi di interesse pubblico.

1640 accessi /ora al sito del Premio sono poca cosa ? Forse si.  26 scuole coinvolte sono poca cosa ? Forse si.  Ma non per una piccola realtà associativa come la nostra che di unico e grandioso ha solo la storia. Una diretta streaming  che ha toccato punte di 4036 contatti, senza crediti, bagattelle, quisquilie  e pinzillacchere, sono poca cosa ?  Forse si. Era quello che potevamo fare ed è quello che abbiamo fatto. Il Premio, attraverso la creazioni di “spazi di riflessione” nelle scuole, voleva dare voce a tutte quelle personalità impegnate a costruire un ambiente in cui i valori etici siano un punto di riferimento, attraverso le tante personalità, donne e uomini, che grazie alle loro più alte intenzioni sono impegnate concretamente per una società più giusta e meno violenta. E ci è riuscito pienamente.  E’ stato un grande successo. E’ poca cosa? Per alcuni si, ma è quello che cerchiamo di fare. Perché, come diceva Benedetto XVI: “Accendere un fiammifero vale più che maledire l’oscurità”.

Per questa ragione, riteniamo indispensabile continuare il nostro cammino, anche attraverso “Officina Legalità” . Condividere quello che facciamo per dare una concretezza granita all’impegno di chi quotidianamente lotta per un mondo migliore, guidati verso un percorso di cittadinanza attiva capace di coniugare e mettere in relazione la teoriacome osservazione, e la “pratica” come cammino di speranza. Falcone prima e Borsellino poi sapevano di avere il destino segnato, eppure non si sottrassero al loro impegno. Questa è l’eredità che ci hanno lasciato. Un’eredità etica, onerosa. Non possiamo ricordare Falcone e Borsellino solo nella ricorrenza di Capaci, dobbiamo fare della sua memoria il nostro impegno a interrogarci, essere onesti, avere il coraggio di fare scelte scomode, di rifiutare i compromessi. Falcone e Borsellino ci hanno insegnato che il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e lascia fare. Ci hanno insegnato che la legalità è un fatto di civiltà, di giustizia sociale. Ci ha insegnato che bisogna vivere, non lasciarsi vivere. Oggi sono in tanti ad aver preso il loro posto e possiamo veramente dire che Gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini”. Il Premio Borsellino 2021, pur non godendo di contributi pubblici è stato realizzato grazie a tanti amici sensibili che hanno aiutato erogando servizi.  Se il successo è stato così grande, su tutti i fronti,  questo trentesimo anniversario deve segnare un punto di svolta, un impegno più grande e consapevole. Non occorrono eroismi: occorre umiltà, tenacia, passione per il bene comune. Occorre il coraggio più difficile e più necessario: quello di rispondere ogni giorno alla propria coscienza. Stare a guardare o essere presenti.  Parte di  un “noi”. E non un “io”.