Questa rubrica,  il 20 febbraio, è stata la prima in Italia a scrivere del Papa a L’Aquila il 28 agosto. https:// www.ekuonews.it/20/02/2022/il-ruggito-della-domenica-papa-francesco-a-laquila/ . Non per capacità divinatorie ma semplicemente perché ero stato coinvolto in una riunione per la volontà degli organizzatori far precedere l’allora ipotetico incontro con Francesco dallo spettacolo “Jesus Christ superstar” . Oggi sappiamo che il Santo Padre ha confermato la Sua Visita a L’Aquila, il prossimo 28 agosto, in occasione della Celebrazione della Perdonanza. Questa scelta rappresenta un gesto di predilezione verso la Città che ha sofferto, ancora più prezioso se si tiene conto dei Suoi pressanti impegni pastorali e di alcuni dolorosi problemi di salute. Papa Francesco arriverà in elicottero alle 8:25; atterrerà allo Stadio Gran Sasso. Di lì, il trasferimento in auto in Piazza Duomo dove visiterà il Duomo in forma privata e, alle 9:15, farà un saluto sul sagrato ai familiari delle vittime del terremoto, Alle 10, l’Angelus alla Basilica di Collemaggio che precederà l’apertura della Porta Santa. In mondovisione. Dopo la Istituzione della Perdonanza, decretata da Celestino V, Papa Francesco è il primo Pontefice che, dopo 728 anni, apre la Porta Santa.

Ma cosa dirà Francesco a L’Aquila ? La tecnica di derubricare le parole di Francesco ad appelli di circostanza questa volta, nella Città martire, in mondovisione  non sarà concesso. E non le manderà a dire Papa Francesco contro una spesa militare che già da anni, in tutto il mondo è in crescita generale. Ora che anche i paesi europei hanno deciso di portare al 2% la spesa per la Difesa, si bruceranno – è questa l’ottica del Papa – miliardi che potrebbero essere usati per combattere la povertà e l’analfabetismo.  Francesco userà la mondovisione per dire che la vera risposta alla guerra non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali.

A l’Aquila ascolteremo un Bergoglio profetico che parlerà con nettezza, con una posizione che non è nuova e che attraversa l’intero pontificato fin qui, con i suoi molteplici riferimenti alla terza guerra che si oppone alla “cultura dello scarto , e nessun cristianuccio potrà contestualizzarlo e nessun giornalaio laico e venduto potrà depotenziarlo. Non potendo interpretare nel senso voluto le parole del Vescovo di Roma, non potendo in alcun modo “piegarle” a sostegno della corsa al riarmo accelerata a seguito della guerra di aggressione scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina, allora se ne prendono elegantemente le distanze, dicendo che sì, il Papa non può che dire ciò che dice ma poi deve essere la politica a decidere. E la politica dei governi occidentali sta decidendo di aumentare i già tanti miliardi da spendere per nuove e sempre più sofisticate armi. Miliardi che non si trovavano per le famiglie, per la sanità, per il lavoro, per l’accoglienza, per combattere la povertà e la fame.

La guerra è un’avventura senza ritorno, ripeterà Francesco sulle orme dei suoi immediati predecessori, in particolare di san Giovanni Paolo II. Anche le parole di Papa Wojtyla in occasione delle due guerre all’Iraq e della guerra nei Balcani vennero “contestualizzate” e “derubricate”, pure dentro la Chiesa. Il Papa che all’inizio del pontificato chiese di “non avere paura” nell’aprire “le porte a Cristo”, nel 2003 supplicò invano tre governanti occidentali intenzionati a rovesciare il regime di Saddam Hussein, chiedendo loro di fermarsi. A distanza di quasi vent’anni, chi può negare che il grido contro la guerra di quel Pontefice non fosse soltanto profetico, ma anche imbevuto di profondo realismo politico? Oggi accade lo stesso. Con il Papa che non si arrende all’ineluttabilità della guerra, al tunnel senza uscita rappresentato dalla violenza, alla logica perversa del riarmo, alla teoria della deterrenza che ha imbottito il mondo di così tante armi nucleari in grado di annientare diverse volte l’umanità intera.

Il no alla guerra di Francesco, un no radicale e convinto, non ha nulla a che vedere con la cosiddetta neutralità né può essere presentato come una posizione di parte o motivata da calcoli politico-diplomatici. In questa guerra ci sono gli aggressori e ci sono gli aggrediti. Il Successore di Pietro questo l’ha detto più volte con parole chiarissime, condannando senza se e senza ma l’invasione e il martirio dell’Ucraina e ripete che oggi stare dalla parte giusta della storia significa essere contro la guerra cercando la pace senza lasciare mai nulla di intentato. Certo, il Catechismo della Chiesa cattolica contempla il diritto alla legittima difesa. Pone però delle condizioni, specificando che il ricorso alle armi non deve provocare mali e disordini più gravi del male da eliminare, e ricorda che nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso “la potenza dei moderni mezzi di distruzione”. Chi può negare che l’umanità si trovi oggi sull’orlo del baratro proprio a causa dell’escalation del conflitto e della potenza dei “moderni mezzi di distruzione”? La guerra – dirà all’Angelus Papa Francesco – non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia.