ROMA – Una partita complicata, con tanti giocatori in campo e spesso in disaccordo. E’ durata 90 giorni esatti – dall’inizio del lockdown – la trattativa per far ripartire il pallone congelato a metà marzo dal coronavirus, ed ha dovuto conciliare priorità diverse.

Da un lato quelle sanitarie, con la stella polare della sicurezza di tifosi (subito esclusi dal ritorno negli stadi) e calciatori affidata al Comitato tecnico scientifico. Dall’altro quelle economiche, sostenute dal pragmatismo di Lega e Figc, costrette a fare i conti con le gravi conseguenze di una stagione non completata, soprattutto per i mancati introiti dalle pay-tv ed i più che probabili ricorsi dei club danneggiati dalle classifiche decise a tavolino. In mezzo il ruolo della politica, con i ministri dello Sport Spadafora e della Sanità Speranza in prima linea. Quest’ultimo, il 20 aprile, ammonisce: “Sono un grande appassionato di calcio ma, con più di 400 morti al giorno, è l’ultimo problema di cui possiamo occuparci“. E già prima Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, aveva sottolineato: “Il Cts non si è ancora espresso, ma si tratta di uno sport che implica contatti. C’è chi parla di test ripetuti sugli atleti, ma mi pare una soluzione improvvisata. Io non darei parere favorevole alla ripresa e credo neppure il Cts“. E mentre Gravina chiarisce pubblicamente, il 19 aprile, che non intende da presidente Figc fare la parte del “becchino” del calcio italiano, invitando implicitamente semmai il Governo a prendersi la responsabilita’ di chiudere in campionato, la tensione cresce soprattutto tra Spadafora e la Lega: il ministro accusa i club di “scelta irresponsabile” nel voler giocare sin dall’8 marzo, e alla fine di quel mese – all’apice della pandemia – e’ di nuovo scontro, con Spadafora convinto che “lo sport non sia solo il calcio e il calcio non sia solo la serie A” e la Lega che lo invita ad evitare “la demagogia“.
In piena depressione da lockdown, sembra che Juventus-Inter dell’8 marzo sia stato il canto del cigno della stagione. Si ventila addirittura un ‘complotto’ ai danni della Serie A, ipotesi che Spadafora boccia come “ridicola“. La Figc però non molla e chiede che il Cts esamini il protocollo di sicurezza, “molto rigoroso” sottolinea il presidente Gravina, stilato dalla propria Commissione medico scientifica. A fine aprile il decreto sulla ‘Fase 2′ suona un po’ come una beffa. Lo sport può riprendere gli allenamenti dal 4 maggio ma solo quello individuale, non insomma il calcio neanche ciascun giocatore per conto suo: la serie A deve attendere fino al 18 per quelli di squadra. E’ ancora il Cts ad invitare alla prudenza: basta un positivo per mandare in quarantena l’intero gruppo. Federcalcio e Comitato continuano a limare il protocollo di sicurezza. Intanto i club di A a maggioranza (15 contro 5) fissano a sabato 13 giugno la data del ritorno in campo. Il tempo stringe, la Uefa vuole i tornei chiusi entro il 2 agosto per poter a sua volta completare le coppe. Intanto cresce la tensione anche tra i club che sospendono gli stipendi di marzo e aprile e in Lega ufficializzano tagli da un terzo a un sesto degli stipendi annui e l’Assocalciatori che protesta, prima di criticare le future delibere Figc sulle iscrizioni ai campionati. Ma il punto centrale di una storia infinita sta nei protocolli di sicurezza, per la ripresa che tutti aspettano.

Il 3 maggio l’ANSA anticipa che il Cts, dopo un confronto con Spadafora, è orientato a dare l’ok agli allenamenti individuali per gli atleti di sport di squadra secondo un protocollo molto dettagliato, che esclude quelli di gruppo. Quindi ancora l’ANSA apprende che le misure previste dal protocollo di sicurezza sono sotto la diretta responsabilità del medico sociale. Il 19 maggio uno spiraglio: “Il Cts ha approvato il protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti di squadra dei club di calcio” annuncia Spadafora. Sparisce l’obbligo di ritiro preventivo per le squadre, risultato assai sgradito ai giocatori, ma scatta la quarantena di 14 giorni in caso di positività, sia per il contagiato sia per tutti gli altri che possono però continuare ad allenarsi. E’ l’agognata luce verde del governo. Il 22 maggio, con la pubblicazione del protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti collettivi delle squadre di calcio professionistiche e degli arbitri – aggiornato sulla base delle indicazioni fornite dal Cts – la Serie A fa un altro passo avanti verso la ripresa. Cosi’ si arriva al tavolo – ancora virtuale – convocato per oggi dal ministro Spadafora: tutti collegati in call per far ripartire un campionato che proprio il massimo non sara’, ma almeno restituisce un po’ di gol veri – ANSA –